Paura e coraggio sono a prima vista due atteggiamenti contrapposti: se hai paura non hai coraggio; se hai coraggio, puoi anche avere paura, ma procedi lo stesso.
Eppure si può anche avere il coraggio di avere paura. Quando ad esempio - come successo ieri - ti trovi al campo con una giornata insolitamente ventosa. Non prevista dalle app meteo che consulti avidamente ogni volta. Allora aspetti, studi ogni movimento della manica a vento, mentre i tuoi amici e colleghi ignorano del tutto le folate che cambiano ad ogni momento e portano in aria modelli che neanche per sogno io farei muovere.
Ti senti un goffo albatros, così, a terra, mentre seduto a sudare segui il correre dell'orologio e del vento che - accidenti - non vuole proprio darsi una calmata. Anzi, è proprio infido: per tre volte sembra calare. Così ti precipiti al tavolo, colleghi la batteria e ti appresti a guadagnare il centro della pista, quando beffardamente un paio di folate ti fanno cedere. Il vento è tornato, e per di più trasversale.
Passa un'ora. Alla fine decidi. "Only the brave". Solo i coraggiosi, anche se per me avere coraggio in questo caso significa l'equivalente di un salto da uno sgabello di 50 centimetri, rispetto ai miei colleghi che - a confronto - si buttano col paracadute.
Così decollo, approfittando di un attimo di calma. E in effetti per cinque minuti il meteo mi dà una tregua. Atterro. Soddisfatto. Ho però un'altra batteria. Sono le 18.00. Fra poco è ora di tornare. Però ho un'altra batteria. Così scruto la manica a vento che ha ripreso a scodinzolare. Vado. Non vado. Decollo. No. Aspetta. Hai già fatto un volo. Per oggi accontentati. Merda... però ho un'altra batteria.
Alle 18.20, dopo un tira e molla continuo tra cuore e ragione, mollo. Depongo Darko in macchina e ritiro tutto. Non sarò un campione, oggi, ma almeno torno a casa tutto intero.
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