Giovedì 17 dicembre. In piena emergenza Coronavirus anche a noi aeromodellisti è stata concessa una tregua: pochi giorni di Regione in “zona gialla”; ciò vuol dire potersi spostare tra Comuni. Che per noi significa una sola cosa: poter raggiungere il campo per altri voli.
Oggi è una tipica giornata invernale: il cielo è coperto, c’è umidità peggio di una cantina, la temperatura non supera i 9 gradi. Eppure... eccoci qua, in mezzo al bosco, infagottati, con le mani fredde, e i nostri pochi modelli schierati come stoccafissi a fianco della rete di protezione (molti piloti sono invece “stagionali”, ovvero declinano l’invito a volare d’inverno perché il freddo li fa desistere).
Dopo circa un mese di stop forzato, già pochi giorni fa (poche ore
dopo il “via libera” governativo) avevo fatto tre voli, ma questa volta con il
mio vecchio aereo-scuola. Meno reattivo, e più adatto ad un terreno comunque
reso pesante dalla stagione. Ora è invece il turno di Darko, per una sorta di
democrazia del volo per cui devi dare una possibilità di librarsi nell’aria a
tutto ciò che hai e che può volare. Il tempo non è dei migliori, ma tant’è. Devo
fare i conti con il lockdown, con gli impegni pre-natalizi, con la pioggia, il
vento, la nebbia ecc. Quindi carico le mie consuete tre batterie e guadagno la
pista che sembra immersa nella brughiera inglese dei film in bianco e nero.
Primo volo ok. Le mani sanno ancora pilotare e Darko, salvo qualche
colpo di trim per regolare i piani di volo, fila liscio. Anzi, mi sembra più
veloce del solito, ma probabilmente si tratta solo di un’illusione data dal
tempo passato dall’ultimo decollo. Poi un secondo volo. Il vento mi fa i
dispetti: un po’ teso (per altri invece è una semplice brezza) e per giunta
trasversale alla pista. Condizioni che un tempo mi avrebbero fatto restare a
terra. Ma io me ne frego. Decollo, tra ampie zone umide di pista. Ritrovo così
anche le figure che invece il mio aereo-scuola lunedì aveva fatto da bradipo
(quali il tonneau). Ma è ora di
scendere. Il vento si sente. Darko si scuote come se volesse eliminare da sé
una pulce. Ma per giunta sembra non voler più scendere, dato che punta spesso
il muso in aria. No. Non è una questione di cabra,
semmai del vento sotto le ali.
“Porca miseria”, mi dico tra me e me (per dirla eufemisticamente; in realtà
uso espressioni da far impallidire un marinaio). Accenno alla procedura d’atterraggio.
Togli motore, vira, controlla la caduta di quota... e... “mio Dio... sembra
quasi stallare”. In pochi decimi di secondo capisco che il crash è dietro l’angolo.
E passare un Natale con il modello rotto... no... non è il caso. Per giunta
oggi è il 17. Non che creda molto nella scaramanzia, però...
Ridò motore. Darko reagisce come chi si sveglia durante un sonno
profondo: cioè riprende quota, ma assonnato e stordito. Viro nuovamente. La
batteria sarà ormai al limite. Ho solo questa possibilità. Scendo. Darko
barcolla, sembra appeso ad un filo, una lama sottile tra vento e stallo. Poi per grazia
di Dio poggia i ruotini a terra e corre tra l’umido della terra fino a
fermarsi.
Lo prendo e raggiungo il mio giovane collega di volo e freddo dicendo
in maniera quasi imperturbabile: «Cavolo se lo sente il vento...». Sembro John
Wayne che dice: «Ci sono 300 indiani e noi siamo in tre, ma poco importa». In
realtà accendo un cero virtuale per l’atterraggio riuscito.
Sento più freddo del solito. Sarà l’età, eppure ci sono “solo” 9 gradi.
Ho volato anche con 4 gradi, ma oggi sento la brughiera sotto pelle, nelle
ossa.
Ho una terza batteria, che scalpita d’energia. Ma... oggi fa freddo;
oggi è il 17; Darko sente il vento. Che fare? Quasi quasi mi accontento. Perché
rischiare di passare un Natale col modello rotto? E alla fine decido. Mi fermo.
A volte ci vuole coraggio anche a dire “stop”.
Dopo due ore risalgo in macchina, mentre il mio giovane collega
calcola i minuti di luce rimanenti e fa di nuovo il pieno di miscela al suo
modello. In questa sorta di bulimia di volo, c’è anche spazio per la misura,
per una razionale decisione di dire: “Ok, per oggi è sufficiente”. In fondo,
oggi è anche il 17. Non che ci creda, però...
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