“Al mondo esistono due tipi di elicotteristi.
Quelli che sono già caduti, e quelli che lo faranno”.
Lessi
questa frase in un manuale in inglese scaricato da Internet, proprio nel
momento in cui iniziavo ad avvicinarmi all'aeromodellismo. "Beh… che
bell'inizio", pensai tra me e me. Salvo capire in seguito che in effetti la
caduta, il crash come lo chiamiamo
noi, non solo è sempre e comunque dietro l’angolo, ma diventa un po’ come
quelle ammaccature che ogni automobilista ha procurato almeno una volta nella
sua vita all'automobile. E il fatto che venisse riferito ad un pilota di
elicotteri (aeromodello certamente più difficile da pilotare di un aereo) non salvaguardia
in alcun modo il pilota di quest’ultimo.
Per dirla
tutta, il crash è come se fosse una
sorta di rito di iniziazione alla
maggiore età. Prima sei un "pulcino", poi inizi a diventare un aquilotto che
inizia a farsi le penne, assieme all'esperienza. Ma devi passare attraverso
questa insostenibile leggerezza della
gravità, per cui il modello è inesorabilmente attratto verso la nuda terra;
che poi ci arrivi dolcemente oppure in maniera più diretta e pericolosa,
dipende da te, ma non solo.
La
casistica degli incidenti si riduce di fatto
a tre possibilità: sbaglia in qualche modo il pilota; si verifica un
problema tecnico; succede qualcosa di imponderabile.
Nel primo
caso sono soprattutto l’inesperienza
e – per assurdo – la troppa fiducia,
a tradire chi sta pilotando. Ovviamente chi è alle prime armi commette una serie
di errori, soprattutto di manovra e di valutazione della quota, della velocità
ecc. che facilmente portano ad un crash.
Anche per questo motivo è consigliabile iniziare con modelli robusti, poco
costosi e soprattutto grandi e lenti.
Meno
scontato è invece il fatto che la troppa fiducia induca all'errore. Proprio pochi
giorni fa vidi un collega riportare dai campi che costeggiano la pista
brandelli di polistirolo che era ciò che rimaneva di un modello bello e veloce,
di cui avevo ammirato compiere il collaudo solo poche settimane prima. E alla
domanda su cosa fosse successo (tenendo conto che si tratta di un pilota bravo
ed esperto), la risposta fu perentoria: "Eh… ho fatto il pirla! Diciamo che ho
un po’ esagerato…".
Ecco allora
che il crash diventa questa volta una
livella capace di smussare l’ardore
dei novelli Icaro, ai quali viene ancora una volta ricordato che "alla forza di
gravità non si comanda".
Nel momento
in cui invece si verifica un problema
tecnico, allora – come disse un pilota anziano di campo – ci vuole "sangue
freddo, esperienza e una grossa dose di culo".
Dipende poi
dal tipo di problema. Un motore a scoppio che si ferma all'improvviso in volo,
induce ad un atterraggio di emergenza che spesse volte riesce senza troppi
danni. Un alettone che invece si blocca oppure che resta in una posizione
anomala a causa di un servo (è il
meccanismo che lo fa muovere, nda)
che ha smesso di funzionare, allora è davvero un bel guaio e un atterraggio
rovinoso è pressoché scontato.
C’è infine
il caso dell’imponderabile. Tra
questi eventi racchiudo ad esempio il modello che ti viene addosso mentre sei
in volo, l’improvvisa raffica di vento che ti sconquassa la traiettoria e la
quota, ecc. In questi casi veramente tornare con il modello integro a terra è
quasi da miracolati.
Posto
dunque che il crash è inevitabile, educativo e persino democratico
(in quanto colpisce tutti, anche il pilota più esperto), è interessante capire
come reagirvi.
Il fatto
stesso che debba comunque essere messo in conto, da una parte aiuta, perché
non ci si sente né degli incapaci né dei perseguitati dalla iella. Poi sta al
pilota. C’è chi dopo le prime cadute ha deciso di mollare tutto; chi si dispera
e ha bisogno subito di pilotare nuovamente per superare lo choc che potrebbe
anche indurlo ad avere il terrore di volare; chi se la prende con se stesso,
però non ne fa una tragedia e si mette subito all'opera per riparare il
modello; chi, infine, la prende veramente con grande distacco. Forse perché ha
tante di quelle cadute alle spalle che ha deciso che non vale troppo la pena
starci male.
Questione
di indole, di carattere, ma anche di disponibilità economica. Il fatto che cada
e si distrugga una "scatola di biscotti volante" (come l’ho definita in un
altro post) ha certamente un peso minore rispetto allo stesso incidente
accaduto ad un modello da 1500 euro. Il fatto che poi qualcuno abbia un solo
modello e lo distrugga, pesa certamente di più rispetto a chi di aerei ne ha 5
o 6 a casa. Insomma, le variabili sono davvero tante. L’unica costante resta
una: la forza di gravità; quella fisica, non la valutazione di quanto un crash sia stato psicologicamente più o
meno duro!
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