venerdì 18 agosto 2017

L'insostenibile leggerezza della gravità

Al mondo esistono due tipi di elicotteristi. Quelli che sono già caduti, e quelli che lo faranno”.

Lessi questa frase in un manuale in inglese scaricato da Internet, proprio nel momento in cui iniziavo ad avvicinarmi all'aeromodellismo. "Beh… che bell'inizio", pensai tra me e me. Salvo capire in seguito che in effetti la caduta, il crash come lo chiamiamo noi, non solo è sempre e comunque dietro l’angolo, ma diventa un po’ come quelle ammaccature che ogni automobilista ha procurato almeno una volta nella sua vita all'automobile. E il fatto che venisse riferito ad un pilota di elicotteri (aeromodello certamente più difficile da pilotare di un aereo) non salvaguardia in alcun modo il pilota di quest’ultimo.
Per dirla tutta, il crash è come se fosse una sorta di rito di iniziazione alla maggiore età. Prima sei un "pulcino", poi inizi a diventare un aquilotto che inizia a farsi le penne, assieme all'esperienza. Ma devi passare attraverso questa insostenibile leggerezza della gravità, per cui il modello è inesorabilmente attratto verso la nuda terra; che poi ci arrivi dolcemente oppure in maniera più diretta e pericolosa, dipende da te, ma non solo.

La casistica degli incidenti si riduce di fatto  a tre possibilità: sbaglia in qualche modo il pilota; si verifica un problema tecnico; succede qualcosa di imponderabile.

Nel primo caso sono soprattutto l’inesperienza e – per assurdo – la troppa fiducia, a tradire chi sta pilotando. Ovviamente chi è alle prime armi commette una serie di errori, soprattutto di manovra e di valutazione della quota, della velocità ecc. che facilmente portano ad un crash. Anche per questo motivo è consigliabile iniziare con modelli robusti, poco costosi e soprattutto grandi e lenti.
Meno scontato è invece il fatto che la troppa fiducia induca all'errore. Proprio pochi giorni fa vidi un collega riportare dai campi che costeggiano la pista brandelli di polistirolo che era ciò che rimaneva di un modello bello e veloce, di cui avevo ammirato compiere il collaudo solo poche settimane prima. E alla domanda su cosa fosse successo (tenendo conto che si tratta di un pilota bravo ed esperto), la risposta fu perentoria: "Eh… ho fatto il pirla! Diciamo che ho un po’ esagerato…".
Ecco allora che il crash diventa questa volta una livella capace di smussare l’ardore dei novelli Icaro, ai quali viene ancora una volta ricordato che "alla forza di gravità non si comanda".

Nel momento in cui invece si verifica un problema tecnico, allora – come disse un pilota anziano di campo – ci vuole "sangue freddo, esperienza e una grossa dose di culo".
Dipende poi dal tipo di problema. Un motore a scoppio che si ferma all'improvviso in volo, induce ad un atterraggio di emergenza che spesse volte riesce senza troppi danni. Un alettone che invece si blocca oppure che resta in una posizione anomala a causa di un servo (è il meccanismo che lo fa muovere, nda) che ha smesso di funzionare, allora è davvero un bel guaio e un atterraggio rovinoso è pressoché scontato.

C’è infine il caso dell’imponderabile. Tra questi eventi racchiudo ad esempio il modello che ti viene addosso mentre sei in volo, l’improvvisa raffica di vento che ti sconquassa la traiettoria e la quota, ecc. In questi casi veramente tornare con il modello integro a terra è quasi da miracolati.

Posto dunque che il crash è inevitabile, educativo e persino democratico (in quanto colpisce tutti, anche il pilota più esperto), è interessante capire come reagirvi.
Il fatto stesso che debba comunque essere messo in conto, da una parte aiuta, perché non ci si sente né degli incapaci né dei perseguitati dalla iella. Poi sta al pilota. C’è chi dopo le prime cadute ha deciso di mollare tutto; chi si dispera e ha bisogno subito di pilotare nuovamente per superare lo choc che potrebbe anche indurlo ad avere il terrore di volare; chi se la prende con se stesso, però non ne fa una tragedia e si mette subito all'opera per riparare il modello; chi, infine, la prende veramente con grande distacco. Forse perché ha tante di quelle cadute alle spalle che ha deciso che non vale troppo la pena starci male.

Questione di indole, di carattere, ma anche di disponibilità economica. Il fatto che cada e si distrugga una "scatola di biscotti volante" (come l’ho definita in un altro post) ha certamente un peso minore rispetto allo stesso incidente accaduto ad un modello da 1500 euro. Il fatto che poi qualcuno abbia un solo modello e lo distrugga, pesa certamente di più rispetto a chi di aerei ne ha 5 o 6 a casa. Insomma, le variabili sono davvero tante. L’unica costante resta una: la forza di gravità; quella fisica, non la valutazione di quanto un crash sia stato psicologicamente più o meno duro! 

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