lunedì 14 agosto 2017

Hely, mon amour!

Fino all'età di circa trent'anni ho abitato in Piemonte, in una casa posta in cima ad una collinetta che dominava un piccolo paese. Quella posizione da una parte la faceva sembrare il castello di Don Rodrigo di manzoniana memoria (cfr. I promessi sposi), dall'altra aveva un inaspettato vantaggio di essere praticamente sopra una piccola caserma dei Vigili del Fuoco.
L’attività di quest’ultima non era certo febbrile. Aveva però il vantaggio di essere munita di una piazzola per l’atterraggio degli elicotteri, munita della inconfondibile grande H gialla. Ogni tanto, dunque, complice anche il fatto che a poche centinaia di metri ci fosse il centro direttivo della ex Olivetti, qui atterravano elicotteri sia dei Vigili che privati. Ed ogni volta era un evento.

Fortuna voleva che io avessi la mia portafinestra che dava proprio su quel lato della casa a "favore di caserma". Quindi, mentre studiavo in camera, potevo sentire da lontano l’elicottero avvicinarsi. Era il segnale! Con tutta probabilità sarebbe atterrato sulla piazzola. Potevo sentire il rumore delle pale e del rotore di coda frustare l’aria con quel tipico schiocco tanto noto e caro agli appassionati di elicotteri. Così correvo sul balcone, e con mia grande gioia, attraverso le fronde degli alberi, potevo vedere la sagoma dell'Hely (com'è comunemente chiamato dagli appassionati) profilarsi all'orizzonte, virare a 100 metri da me e scendere dolcemente sulla piazzola.

Il rumore era tanto caro quanto assordante. Bellissimo. Dopo pochi minuti cessava, e il bestione restava fermo lì, tranquillo, a farsi ammirare da me che riuscivo a scorgene solo una parte. Era un "ti-vedo non-ti-vedo" affascinante. Ed allora aspettavo che ripartisse. Magari lo faceva dopo pochi minuti, giusto il tempo di far scendere qualche funzionario pubblico oppure un dirigente della grande società privata. Altre volte no. Passava anche un’ora. Ed allora ritornavo alle mie occupazioni. Ma bastava il classico rumore dei motori che si accendevano, per farmi tornare di corsa sul balcone. Di nuovo lo schioccare delle pale, sempre più forte. Fino a che il bestione si alzava, gigante, tra le fronde e con un colpo di pala virava e andava via.

Credo che il mio interesse per gli elicotteri, lo stesso che mi ha avvicinato per primo all'aeromodellismo, sia stato nutrito proprio da quei momenti. Da quel fascino. Così, con il passare del tempo, non essendo mai diventato un pilota “vero”, ho dirottato la passione sui modellini coassiali. Più facili da pilotare anche in casa, con ogni tempo. Ho costruito piazzole di cartoncino munite di H, e gioco a farci atterrare sopra i modellini, con la massima precisione possibile.

Non è certo la stessa cosa. Però il fascino di questa macchina volante resta qualcosa di speciale. Diversa pure dall'aereo. Ho provato più volte a chiedermi il perché, senza trovare risposte valide. Forse perché probabilmente il tutto nasce da quel fascino provato sul balcone. Un amore a prima vista e a primo orecchio, che è rimasto ed è cresciuto. Ancora oggi.

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