Credo che molti lettori
conoscano la poesia ‘A livella,
scritta nel 1964 da Antonio De Curtis, in arte Totò (nella foto). Per chi non la conoscesse,
la riassumo brevemente: l’autore immagina di recarsi in un cimitero il 2 di
novembre per fare visita alle tomba di una parente. Nel girovagare vede, tra le
altre, la grande tomba di un rinomato marchese con a fianco quella decisamente
più malconcia e povera di un netturbino.
Giunta la sera, il
visitatore resta chiuso all'interno del cimitero e con suo grande stupore
assiste alle proteste dell’anima del marchese che non sopporta di essere stato
sepolto vicino ad un umile netturbino. Quest’ultimo, con saggezza, gli
risponde di stare calmo e di lasciar
perdere, perché ormai entrambi sono cadaveri e la morte rappresenta una sorta
di livella(*) che appiana ogni
differenza sociale.
Faccio questa
introduzione perché anche il campo volo, a mio parere, rappresenta una sorta di
livella. Ovvero: qui le differenze
sociali, economiche e professionali tra coloro che lo frequentano (unicamente
relative al mondo del lavoro) non solo non hanno senso, ma perdono i loro
contorni fino a sfumare quasi del tutto. E attenzione a non confondere lo status economico-sociale con l’eventuale
atteggiamento. L’essere un operaio oppure un manager, un camionista piuttosto
che un rinomato medico qui non ha alcun peso; diverso è invece che il singolo
assuma atteggiamenti spocchiosi o di superiorità, ma questo può essere anche
slegato dal prestigio sociale che più o meno può vantare.
Personalmente ignoro
buona parte delle professioni dei miei colleghi. So tuttavia che in generale
nel nostro gruppo abbiamo disoccupati, operai, piccoli imprenditori, dentisti,
ex bancari ecc. Quando però ci si trova sullo spiazzo erboso della pista, tra rumore
di eliche che girano e odore di glow nell’aria, tutto si appiattisce. Si
uniforma. Ed è per questo che parlo di livella
della livrea (quest’ultima può essere definita la colorazione e la grafica
esteriore di un modello, nda).
Giustamente qualcuno potrebbe
obiettare che ciò accade perché ogni singola professionalità non ha senso
nell'atto di far volare un modello. Ed è vero. Che alla radio ci sia un
giornalista piuttosto che un falegname, l’importante è che piloti bene e la
differenza la fa semmai l’esperienza e la capacità di volo. Però, come in molti
altri campi, una crepa all'interno di questa uniformità potrebbe essere rappresentata proprio dal modello: più
ho disponibilità economica, più bello, tecnologico e costoso potrebbe essere
l’aereo che guido.
Uso il condizionale
perché non credo che le cose vadano in realtà così. Pur senza voler dipingere
un mondo utopistico dove regnano incontrastati l’amore e la concordia, credo
davvero che sentimenti come l’invidia
restino perlopiù fuori dai campi. Vedere
un collega con un modello eccezionale in termini di bellezza e anche valore
economico, davvero non genera praticamente mai sentimenti negativi oppure
sprezzanti nei confronti della persona. Semmai di ammirazione e, sì, anche un
po’ di preoccupazione per un eventuale crash. Perché – com’è logico – un conto
è distruggere un aereo da 250 euro, un conto è farlo con uno da 1500.
In sostanza, il campo
volo non è certo il luogo più adatto per sfoggiare le icone del proprio conto
in banca e del ruolo sociale ricoperto. Il fatto che si parcheggi un grosso SUV
ed estragga da esso una riproduzione fenomenale, di fatto ha poco peso se poi
la persona è socievole, alla mano, rispettosa degli altri e collaborativa con
il gruppo. Se invece assume atteggiamenti di superiorità, è ovvio che scatti la
frase: “Ma chi si crede di essere?”. Ma questo vale anche se raggiungesse il
campo con una Panda e volasse con l’equivalente di una scatola di biscotti.
Torniamo dunque alla affermazione fatta in precedenza: non è lo status socio-economico a fare la
differenza; semmai è l’atteggiamento.
Il perché tutto questo
accada è semplice: tutti noi modellisti convergiamo verso un’unica passione. La
condividiamo e spesso troviamo nel nostro gruppo
di pari non solo comprensione ma anche una sorta di “rifugio”. Ed è proprio
il condividere che lega e livella.
Personalmente ho avuto
modo più volte di esprimere ai miei colleghi del campo quello che ritengo sia
il complimento più bello che si possa fare ad un gruppo: "Mi fate sentire a
casa". Nel senso che mi trovo a mio agio, posso essere me stesso, e spesso il
campo è stato ed è ancora una valvola di sfogo dove poter sciogliere nell'aria
preoccupazioni, delusioni, ma anche gioie.
E non potrebbe mai
essere così se percepissi arroganza, presunzione, diffidenza, distacco ecc.,
tutti atteggiamenti che bene o male
potrebbe assumere chi si sente superiore.
Modificando solo in
parte i versi del grande Totò, allora direi a chi comunque volesse atteggiarsi
così: "(…) Perciò, stamme a ssenti... nun
fa' 'o restivo,/ suppuorteme vicino - che te 'mporta?/ Sti ppagliacciate 'e
ffanno sulo 'e vive:/ nuje simmo serie... appartenimmo â campo!"
(*) La livella è uno
strumento usato in edilizia per stabilire l'orizzontalità di un piano
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