Diciamocela tutta: volare è un rischio. In primis di cadere e dunque danneggiare
se non proprio distruggere il modello. Certo, lo è al pari di qualsiasi altra
attività come camminare per strada, guidare l’automobile o cambiare una
lampadina in casa. Tuttavia se camminare ha un rischio basso (a meno che abbia
la sfortuna di essere travolto da un veicolo oppure mi cada qualcosa sulla
testa), e guidare l’auto un rischio medio (sempre che non lo faccia veloce e
rispetti il codice della strada), volare con un aeromodello ha un rischio
medio-alto. Non per nulla ho sempre detto che la caduta (il crash) è pressoché inevitabile nella
storia di ciascuno di noi.
Qui entra in gioco poi
un "gioco" quasi perverso di probabilità: se è vero che più impari e meno
errori banali puoi commettere, dall'altra è pur vero che per imparare devi
volare tanto e che aumentando il numero di voli si innalza anche la possibilità
di eventuali crash. Che fare dunque?
Molti (io stesso) direbbero: mettilo in conto, prendi il tuo modello e vai,
facendo i passi giusti e senza strafare. Altri non riuscirebbero invece a
sopportare nemmeno il rischio di un fallimento, per cui dopo la prima caduta
abbandonano l’hobby frastornati e delusi.
C’è però un piccolo
campanello d’allarme che – gestito nella giusta misura – può aiutare: è quella
che io chiamo vocina e che più comunemente si potrebbe definire sesto senso.
La vocina è quella sensazione che parte da dentro e ti batte sulla
spalla dicendoti: "No, oggi è meglio che non decolli". Che poi venga o meno
ascoltata, dipende da tanti fattori, tra cui il più importante è la sua stessa
natura. Ovvero: devo domandarmi se quel “consiglio” nasce effettivamente da un
sesto senso, oppure è semplicemente figlio della paura. Un figlio che si
traveste maliziosamente da saggezza, ma che di fatto è una semplice fifa che puoi ignorare tranquillamente;
anzi devi ignorare se vuoi
continuare a volare.
Distinguerne la natura
è impresa assolutamente difficile, e comporta una conoscenza di se stessi
davvero profonda. Mille volte io, andando al campo, ho avuto sensazioni
catastrofiche: mi vedevo già tornare a casa con pezzi di Darko mogiamente deposti nel baule, ed invece tornavo soddisfatto e
persino fiero di aver fatto un paio di voli pressoché perfetti. Invece altre
volte ho deciso di dare ascolto a quella vocina
e sono rimasto a terra, soprattutto in presenza di vento forte oppure con
direzione non favorevole o addirittura contraria a quella utile ad esempio per
il decollo e l’atterraggio. Certo avevo paura di volare in quelle condizioni,
non me la sentivo. Allora - ignorando i colleghi che mi spronavano a "fregarmene" e ad andare lo stesso – restavo fermo a guardare fisso la manica a
vento, salvo poi rimettere tutto in macchina affranto, ma anche sicuro che
almeno quel giorno il modello sarebbe tornato a casa sano e salvo.
Come sarebbe andata se
avessi tentato lo stesso? Forse bene. Chi lo sa.
Ecco perché è tanto
difficile valutare la vocina. Si deve
mediare continuamente tra lo sforzo di alleviare le paure iniziali e andare
avanti, ed invece essere onesti con se stessi e fare ciò che ci si sente. Posto
ovviamente che pilotare richiede una dose tale di concentrazione che farlo
quando sei molto stanco, stressato o magari distratto da qualche problema
personale, risulta sconveniente.
Andare avanti significa
dunque imparare a gestire la paura
(io credo che anche nel pilota più bravo ci sia sempre anche un solo grammo di timore), conoscere le proprie
potenzialità e comunque testarle, fino ad arrivare al punto in cui ci si sente
appagati. Non è infatti detto che tutti debbano diventare piloti di 3D
(acrobazia estrema nell’aria, nda) e
se io voglio continuare a fare giri in ovale sulla pista e basta, ben venga.
Però diventa ugualmente stimolante porre l’asticella un pochino più in alto,
soprattutto se ben motivati.
Un esempio pratico: da
tempo sto desiderando un nuovo modello. Pochi giorni fa, al campo, mi è stato
detto che "sì, molto bello, ma anche molto veloce nell'atterraggio. Quindi
occhio!". Il primo pensiero è stato: "Oh miseria… sarò capace?". Il secondo
invece: "Beh… sarà una buona scuola!". Anche se sono certo che sentirò mille
volte una vocina che dirà: "Guarda
quant’è bello… perché rischiare di farlo decollare?".
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