Il 4 giugno 2022 ci lasciava Elio Corongiu, storico presidente e fondatore del nostro Gruppo Modellisti Sportivi Ceriano Laghetto. All'avvicinarsi del secondo anniversario, gli dedico questa lettera...
VOGLIA DI VOLO
Emozioni, gioie e paure dell'aeromodellismo, raccontate da un giornalista-pilota
giovedì 16 maggio 2024
Ciao Elio...
sabato 4 maggio 2024
Giocare è una cosa seria
In questa
risposta sta uno dei concetti tipici probabilmente non soltanto di quest’epoca,
ma anche assolutamente comune al modo di pensare di molti: il gioco è
prerogativa dei bambini, perché gli adulti non giocano. E se lo fanno, vuol
dire che tornano idealmente in quella dimensione (l’essere bambini) in cui appunto
il gioco è permesso e socialmente accettato. Ovvero: coscientemente, abbandonano il loro status di
persone cresciute, e giocano a fare i
bambini, come una sorta di gioco di ruolo tuttavia regolato da tempi e
modalità precise.
Già nel mio
libro Voglia di volo (3ª edizione Amazon,
2019) ho detto che praticare l’aeromodellismo rompe questo schema mentale. Ci
ritorno oggi perché il caso è diverso.
Molti psichiatri (tra cui il noto Raffaele Morelli di «Riza Psicosomatica») da anni ripetono che il cervello ha bisogno di giocare: di ricevere stimoli sempre nuovi, ad esempio quelli derivanti dal “far finta che piloti un carrarmato” per restare giovane. Ed è un concetto facilmente comprensibile: la routine, la vita priva di stimoli, il disinteresse per emozioni nuove di fatto invecchia il nostro cervello; lo relega ad un ripetersi di azioni che inibiscono il formarsi di nuovi schemi mentali, e quindi anche di sinapsi[1]. Ma, allora, perché un adulto non può giocare? E, attenzione, non mi riferisco al gioco “istituzionalizzato” come ad esempio il gioco-sport (tennis, calcio ecc.) oppure il gioco apparentemente più “maturo” (come possono essere quelli di carte o i giochi di ruolo da tavolo). Perché molti di noi si schiferebbero a vedere un sessantenne giocare a soldatini (attenzione anche qui: da solo, non per far divertire dei bambini) e subito lo boccerebbero come immaturo? E perché (quando ancora si compravano i giocattoli in negozio e non on line) molti adulti si mascheravano dietro alla bugia “è per mio nipote…” quando invece quella macchinina formidabile era invece per lui? Perché, insomma, il giocattolo deve essere considerato unicamente prerogativa del bambino (fino una certa età) e non dell’adulto?
Perché sul
giocattolo esistono pregiudizi nati da una sciocca morale sociale e duri a
morire. Ad esempio ricordo che tantissimi anni fa, nel fare una serie di
servizi per un giornale locale, chiesi ad una neuropsichiatra infantile: “Ma la
distinzione rosa/azzurro per distinguere i giocattoli per femmine e maschi, ha
ragion d’essere?”. La risposta fu perentoria: “Assolutamente no. È solo una
convenzione per i genitori”.
Ma anche
perché il giocattolo è stato spogliato della sua formidabile valenza non
soltanto educativa, ma anche fisiologica (quella insomma di nutrire il
cervello): i famosi giocattoli educativi
di una nota marca italiana, sono un “non senso”, perché il giocattolo (fosse anche
solo un pezzo di legno colorato a mo’ di mitra, fucile, o bastone magico) è
esso stesso educativo. Il giocattolo
stimola difatti la fantasia, la nutre, ci porta ad interpretare ruoli come il
pilota, il soldato, l’eroe, il marinaio ecc. che sono una manna per le nostre
sinapsi, per le nostre emozioni e per mettere alla prova la nostra
personalità.
In conclusione:
schiacciati da questi pregiudizi ormai cronici, gli adulti “sani di mente e
giocosi” provano una sorta di “vergogna sociale” a giocare fuori dagli schemi
concessi dal vedere comune. Allora giocano nella solitudine della loro
abitazione (lontano da possibili sguardi severi) oppure spesso si ghettizzano
in gruppi di pari (ad esempio il gruppo di uomini che gioca a fare la guerra
simulata, oppure rievoca epoche passate come il Medioevo o il tempo dei
Romani), perché lì sanno che trovano comprensione e solidarietà.
La prossima
volta che vedete un adulto giocare, allora, vi prego: prima di tacciarlo immediatamente
– e senza appello - come un eterno Peter Pan o un immaturo, scambiateci due
parole: magari è una persona intellettualmente meravigliosa, che ha solo una
sana voglia di giocare, e non necessariamente perché “resta un bambino”.
Ah…
dimenticavo… il carrarmato è già stato spedito dalla Cina e non vedo l’ora che
arrivi… :-)
venerdì 23 febbraio 2024
I nostri "primi 50 anni"
sabato 3 febbraio 2024
sabato 13 gennaio 2024
Consigli utili per i neofiti dell'aeromodellismo
Può essere molto utile soprattutto per chi abbia deciso di avvicinarsi a quest’hobby, poiché dà delle indicazioni di massima che sono frutto, per me, di dieci anni di aeromodellismo.
Il linguaggio usato è volutamente semplice e alla portata di tutti. Molto del materiale qui raccolto è stato (o sarà) pubblicato dall’autore sul Giornale comunale di Ceriano Laghetto.
Alla fine della brochure ho poi messo un vocabolario per la sopravvivenza: ovvero un vocabolario di parole che molto di frequente vengono usate in campo aeromodellistico e in un campo volo. Conoscerle significa già partire bene e soprattutto comprendere di cosa stiamo parlando.
Dunque buona fortuna e buoni voli!
La brochure (18 pp, Pdf) è scaricabile gratuitamente qui
venerdì 27 ottobre 2023
Impariamo dal branco
Perché?
In primo luogo perché i componenti del gruppo sociale riconoscono di farne parte: sono infatti soci, a cui spettano dei diritti in cambio di un obolo economico generalmente modesto; in quanto tali, poi, hanno diritto di accesso a spazi riservati (paragonabili al territorio ad esempio dei lupi), a servizi dedicati ecc.; ma anche sono “uniformati” da segnali visivi e materiali: la tessera associativa, la spilletta, l’adesivo, la maglietta, il cappellino. Insomma, tutto ciò che può mostrare all’esterno che si fa parte di un gruppo ristretto, che si autoriconosce e che difende proprio queste peculiarità.
Branco: una unità familiare allargata |
lunedì 2 ottobre 2023
I miei primi 10 anni... di aeromodellismo
Era il giugno del 2013 quando per la prima volta raggiunsi un campo volo; da pilota, non da semplice spettatore. ll mio modello U Can Fly della Hype riluccicava al sole come il mio sorriso. Intonso, perfetto, l’unico pezzo rimasto in tutta la Lombardia e Piemonte (sarebbe andato fuori produzione di lì a poco), tanto che mi feci 150 chilometri per andarlo a prendere di persona a Montalto Dora (TO). Poi lanciai un appello in Rete, e il responsabile gentilissimo di un campo dalle parti di Monza rispose. O, meglio, raccolse quel pulcino impaurito per fargli fare i primissimi voli da aquilotto. E per dare finalmente vita al mio modello che subito chiamai Cuča (si pronuncia cucia, ma suona anche come "cuccia") che in croato significa casa. L’auspicio era chiaro: era una scaramanzia affinché il modello tornasse sempre a casa. Magari intatto.
La foto con l’aereo rosso risale proprio a quel battesimo dell’aria. Rigido come una pertica, con il cuore a mille, feci volare la mia “bestiola” senza danni. Roba da stappare una bottiglia a sera e cucinare i miei piatti preferiti.
Da allora non sono solo passati dieci anni, ma se vogliamo un’intera era. Molte cose sono cambiate, ma non quella sottile ansia che ad ogni volo (ormai saranno qualche centinaio) resta in tutto il corpo, salvo poi stemperarsi una volta che i ruotini fermano la loro corsa sull’erba. Ormai l’ho accettata l’ho accolta come parte di me. Era l’unico modo per non esserne soggiogato.
Lasciato quasi subito quel campo ospite a cui va ancora oggi tutto il mio riconoscimento (era troppo distante per me), trovai quasi subito l’attuale campo di Ceriano Laghetto, di cui ora sono orgoglioso presidente. Non tanto per meriti aviatori (ora so pilotare, sì, ma non sono certo un Francesco Baracca della situazione), quanto per quel vero e proprio amore per il campo, i suoi soci e l’ambiente che ho trovato fin dal primo giorno.
Sì... ne è passato di tempo. Ho volato, sono caduto, ho aggiustato, sono caduto in crisi, mi sono risollevato, ho gioito, ho riso, ho pianto. Ho fatto tutto. All’aperto, con temperature dai + 4° ai + 35°, e anche dentro di me.
Nel 2015, quindi solo due anni dopo, arrivò Darko (nella seconda foto, risalente a pochi mesi fa): un aeromodello nato per l’acrobazia, ma riconvertito nella guida ad un più tranquillo modello da volo volato come si dice; in sostanza tranquillo. Con Darko all’inizio non è stato facile, tanto che per forse tre mesi (dopo l’ennesima caduta) lo parcheggiai in garage, per tornare al più placido e rassicurante Cuča. Poi l‘orgoglio ha avuto la meglio sulla paura. Così l’ho ripreso, e nonostante qualche incidente, ora sono quasi 8 anni che è il mio fidato compagno di volo. Le sue ammaccature vanno di pari passo con le mie rughe; le sue crepe sono le mie. La colla... no... quella è solo sua!
Se da ragazzo mi avessero detto che alla veneranda età di 48 anni avrei intrapreso un percorso aeromodellistico, non ci avrei creduto. Eppure... sono ancora qui, e se Dio vuole, mi piacerebbe festeggiare anche il primo ventennio, trentennio e così via.
Dieci anni, vissuti intensamente; passati a scrutare il meteo, a studiare le possibilità di pomeriggi liberi, a prepararsi mentalmente e in concreto per andare al campo, così come ormai dico con estrema familiarità. Dieci anni che hanno dato vita a 2 libri (Voglia di Volo e Fame d’aria, rispettivamente: Amazon 2018, e Amazon 2021), di cui il primo tradotto e venduto all’estero anche in inglese (Let me fly, Amazon 2020).
Dieci anni di passione, condivisione, amicizia, solidarietà, con luci e ombre, ma pur sempre vissuti con adrenalina e serotonina in corpo.
Non dimenticherò mai chi, in dieci anni, a vario titolo mi è venuto incontro, mi ha aiutato da tecnico e da amico, da maestro o da collega. Così come non dimenticherò mai (né intendo farlo) quella meravigliosa sensazione di disegnare nel cielo col tuo modello, dimenticando tutto per i 5 minuti della batteria. Cinque minuti capaci spesso di riempirti il cuore. E in alcuni giorni anche l’anima.
giovedì 7 settembre 2023
giovedì 13 luglio 2023
Verrà il tempo...
Verrà quel tempo, in cui ciò che rimarrà di noi saranno i nostri modelli: icone polverose che nuove mani, ora, con imperizia ma rispetto cercheranno di collocare in un nuovo spazio-tempo, dove noi non saremo più i protagonisti. E in quel tempo, ci ritroveremo in altri cieli a giocare ancora, assieme a chi - con dolore - ci ha preceduto, ed ora sorride perché non c’è più caldo, freddo, vento o paura. C’è solo quella magia dell’aria che si chiama volo.
lunedì 5 giugno 2023
Una passione educativa
Articolo pubblicato sul giornale comunale di Ceriano Laghetto (Aprile 2023)
Da
questo derivano altri due aspetti: la socialità
e la resilienza. Vediamo il primo. È ormai certo che il modo migliore
per imparare a pilotare un aeromodello è quello di frequentare un campo volo
dedicato e “ufficiale”. Così facendo si può essere seguiti da “maestri”
esperti, ma anche evitare di fare primi acquisti magari inadatti, inutili e
costosi; di conseguenza in media si impara meglio e più in fretta, riducendo
(ma non evitando del tutto) i crash. È chiaro tuttavia che l’allievo è bene che
dimostri rispetto per chi lo segue, per gli altri soci e per le regole del
campo, ma anche che debba avere quella giusta dose di socievolezza che lo rende
“piacevole” e che proprio grazie a questa vedrà aprirsi le porte della simpatia
e dell’amicizia degli altri piloti. E di questo ne trarrà lui stesso un grande
vantaggio immateriale. Ho invece citato la resilienza,
ovvero la capacità di reagire positivamente a episodi negativi o traumatici,
perché sarà proprio questa ad evitare di far mollare tutto dopo le prime cadute
e spingere invece a comprendere errori, limiti e finanche ad accettare quella
sfortuna che a volte ci mette lo zampino. Ripeto: ognuno di noi ha piloti subito
decine di incidenti col modello. Ma abbiamo proseguito, tra colla e sudore,
lacrime e coraggio, fino a volare ancora dopo 10, 30 anni o una vita intera.
Un
ultimo - non meno importate aspetto - riguarda la crescita personale. Ogni volo è una sfida, ed anche il pilota più
esperto conserva dentro di sé fosse anche solo un grammo di dubbio o paura che
qualcosa possa andare storto. Certo, nel neofita parliamo di tonnellate di paura,
non di grammi. Ma il concetto è lo stesso. L’importante è guardare in faccia ai
nostri timori, comprenderli, accettarli e muovere le gambe (anche se tremano di
paura) per raggiungere il centro della pista e decollare ancora. Anche se hai
ancora le mani imbrattate di colla per le riparazioni e il portafoglio
alleggerito per le spese. Prendi, decolla e vai. Solo così arriverai al punto
di smantellare quel macigno di terrore (soprattutto post-crash) e trasformarlo
in una leggera tensione che ti fa essere attento, vigile, pronto a intervenire
sempre e comunque. Accettare la sfida,
affrontarla col cuore aperto e la mente lucida, comprendendo (se possibile) il
perché degli errori fatti: ecco ciò che si può trarre da 5-10 minuti di volo. E
se non è crescita personale questa...
venerdì 2 giugno 2023
Ciao Presidente...
Ciao Presidente,
-
" P er Sindrome di Peter Pan si intende quella condizione psicologica di chi non vuole crescere e diventare adulto. I soggetti aff...
-
Il 4 giugno 2022 ci lasciava Elio Corongiu, storico presidente e fondatore del nostro Gruppo Modellisti Sportivi Ceriano Laghetto. All'a...