Oggi avevo un appuntamento con la paura. Al campo volo. Uno di quegli appuntamenti che non cerchi di evitare, piuttosto vuoi affrontare il prima possibile per darti delle risposte. Ed io di risposte ne cercavo, da me stesso.
VOGLIA DI VOLO
Emozioni, gioie e paure dell'aeromodellismo, raccontate da un giornalista-pilota
venerdì 14 novembre 2025
Appuntamento con la paura
lunedì 1 settembre 2025
Sangue freddo!
domenica 17 agosto 2025
Via col vento
Ho sempre sostenuto che – se interpretato con la giusta sensibilità – l’aeromodellismo dinamico è una fonte inesauribile di insegnamenti. Un’ennesima prova l’ho avuta subito dopo Ferragosto. Tra un motivo e l’altro era già tempo che non andavo al campo e soprattutto era almeno tre settimane che non facevo volare Yusha. Per cui fremevo.
Dopo aver consultato almeno tre siti
meteo, scelsi la giornata di sabato anziché domenica perché sulla carta il
vento era più calmo. Così caricai tutte e quattro le mie batterie e mi recai al
campo. Sapevo che alle 14 era previsto più vento ma almeno un paio di siti mi suggerivano
che per le 16 sarebbe calato. Così scelsi di andare per le ore 15, una via di mezzo. Subito mi accorsi
però che l’aria era molto più insidiosa di quanto avessi immaginato: tesa e per
di più trasversale alla pista: cioè peggio di così non poteva essere. Tuttavia quel “miraggio” delle ore 16 mi incuteva
una certa fiducia. Così mi misi tranquillamente seduto ad aspettare e a
chiacchierare con un altro pilota che anche lui attendeva il momento propizio per decollare.
Arrivano le 16 ed il vento, invece
che diminuire, aumenta. “Merda…” inizio ad imprecare tra me e me. Lo spettro di
una giornata senza alcun volo si stava profilando, suscitando in me un senso di
frustrazione. Così mi attacco al cellulare a consultare ogni possibile oracolo meteorologico.
Ma ognuno mi dà risposte che non vorrei mai sentire. Solo uno mi suggerisce che
alle 16 il vento passerà miracolosamente da 10 a 1 km all’ora per poi tornare a
10 alle ore 17. Penso subito che ci sia un errore. “Che fa, cala per un’ora e
poi torna come prima? Forse quell’1 in realtà è un 11. Si saranno sbagliati”.
Tuttavia mi aggrappo a quel barlume di speranza. “Fiducia Stefano, fiducia!” mi
ripeto oltre ogni logica.
Alle 16,20 il vento inizia davvero
a calare. Si riaccende la speranza. Sono combattuto: provare lo stesso
nonostante le condizioni non siano il massimo, oppure lasciar perdere? La
voglia di sconfiggere quella crescente frustrazione iniziava a scontrarsi con
una vocina dentro che malignamente mi prospettava un rovinoso crash del
modello. “Lascia stare… torna a casa col modello intero” mi diceva. “Fanculo…” rispondevo. “Io oggi VOGLIO
volare”. Alle 16,45 il miracolo. Di botto il vento cala quasi a zero. In
ritardo di 45 minuti sul previsto ma davvero scende probabilmente a 1 km all’ora.
Non perdo tempo. Sistemo la batteria
e faccio decollare Yusha. Volo seppur senza fare nulla di straordinario, poi atterro.
Tutto ok. Guardo costantemente la manica a vento. È ancora calma. Così non faccio nemmeno una sosta: sistemo una seconda batteria ed in un amen sono già in volo, come se non ci fosse un
domani. Atterro un po’ lungo per via della brezza in coda, ma va bene lo
stesso. Sono già contento. Due voli insperati!
Il vento riprende vigore. Mi ha
concesso davvero solo 20 minuti di tregua. Eppure, a valutare ogni scodinzolio della manica a vento, non è ancora forte. Uhmmm ho
ancora due batterie turgide di energia. Che fare? Lo spettro “dell’ultimo volo”,
quello che spesso si trasforma da opportunità ad incidente, mi si profila in mente. Ma
decido di fottermene. “Only the brave”, solo i coraggiosi mi ripeto per darmi coraggio. Così innesto la terza
batteria e decollo. Il vento cresce in maniera insidiosa. Non voglio sfidare il
destino. In fondo sono già contento. Così a metà del tempo a disposizione decido di scendere. Atterro con uno stile non certo spettacolare ma senza danni. È andata! Mi
si allarga un sorriso in faccia mentre stampo un bacio sulla naca* di Yusha.
Oggi ho imparato un’altra lezione:
aspettare ed avere fiducia talvolta è la scelta più saggia e tale da regalarti
nuove emozioni.
* (il muso, ndr)
martedì 5 agosto 2025
Un "lui" di troppo?
martedì 29 luglio 2025
Guida emotiva all'aeromodellismo
È con vero piacere che segnalo la pubblicazione del mio nuovo (e terzo) libro dedicato all'aeromodellismo. Un viaggio "dietro le quinte" alla scoperta di emozioni e sentimenti che animano questo meraviglioso hobby.
domenica 6 luglio 2025
Una breve storia d'amore
venerdì 20 giugno 2025
Piccole storie di ordinario aeromodellismo
Piccole storie di ordinario aeromodellismo. Come questa….
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| In volo oggi |
Passavano le settimane e trovavo sempre una scusa per scegliere Yusha piuttosto che Darko: “l’erba è alta”, “oggi c’è più vento”, “ oggi ho voglia di rilassarmi e basta” ecc. Scuse. Intanto sul povero Darko, come ho avuto modo di verificare ieri, si era posato un dito di polvere. Oggi invece, inaspettatamente mi si è offerta l’occasione di andare al campo. E subito ho pensato: “Ok porto Darko”.
Confesso che ieri, mentre mi organizzavo, mi è subito balzato in gola un groppo di paura. Però ho deciso che quello doveva essere il giorno. Così ho rivisto le procedure per cambiare modello sulla radio, e ho tirato giù dal soffitto il vecchietto giallo. Dovevo innanzitutto togliere sei mesi di polvere e poi verificare che i comandi fossero ok.
Come un guerriero deciso continuavo a ripetermi: “Ok la decisione è presa. Domani tocca a te volare”.
E
così è stato. Pronte tre batterie, oggi mi sono immerso nel forno estivo del
campo alle ore 14,00. Decollo senza pensarci. C’è un po’ di vento, mannaggia,
ma io sono determinato. Darko si leva in volo e subito vira paurosamente a
sinistra. Sembra uno zoppo. Non mi faccio prendere dal panico. Gestisco il volo
matto tipo solista delle Frecce Tricolori e con buone dose di trim (1) gli aggiusto l'inclinazione dell’alettone. Darko si calma. Ora vola dritto, anche se il vento lo sente.
Seconda
batteria. Darko si stacca da terra e si impenna come un cavallo imbizzarrito. “Merda…
troppo cabra!” (2). D’altra parte devo tornare ad abituarmi al suo modo di volare.
Correggo e mi salvo. Sudo ma sono contento. Vola. E bene.
Terza
batteria. Decollo ok. Atterraggio ok. Perfetto. Si torna a casa. Con il sorriso
riappendo Darko al soffitto. Sono certo che anche lui è contento. Alla prossima
vecchietto!
(1) E' un comando sulla rado che permette certe regolazioni di volo
(2) Cabrare vuol dire far sollevare il muso dell'aereo
domenica 2 febbraio 2025
Ad ognuno il suo nome
lunedì 20 gennaio 2025
Una dolce malattia
giovedì 16 maggio 2024
Ciao Elio...
Il 4 giugno 2022 ci lasciava Elio Corongiu, storico presidente e fondatore del nostro Gruppo Modellisti Sportivi Ceriano Laghetto. All'avvicinarsi del secondo anniversario, gli dedico questa lettera...
sabato 4 maggio 2024
Giocare è una cosa seria
In questa
risposta sta uno dei concetti tipici probabilmente non soltanto di quest’epoca,
ma anche assolutamente comune al modo di pensare di molti: il gioco è
prerogativa dei bambini, perché gli adulti non giocano. E se lo fanno, vuol
dire che tornano idealmente in quella dimensione (l’essere bambini) in cui appunto
il gioco è permesso e socialmente accettato. Ovvero: coscientemente, abbandonano il loro status di
persone cresciute, e giocano a fare i
bambini, come una sorta di gioco di ruolo tuttavia regolato da tempi e
modalità precise.
Già nel mio
libro Voglia di volo (3ª edizione Amazon,
2019) ho detto che praticare l’aeromodellismo rompe questo schema mentale. Ci
ritorno oggi perché il caso è diverso.
Molti psichiatri (tra cui il noto Raffaele Morelli di «Riza Psicosomatica») da anni ripetono che il cervello ha bisogno di giocare: di ricevere stimoli sempre nuovi, ad esempio quelli derivanti dal “far finta che piloti un carrarmato” per restare giovane. Ed è un concetto facilmente comprensibile: la routine, la vita priva di stimoli, il disinteresse per emozioni nuove di fatto invecchia il nostro cervello; lo relega ad un ripetersi di azioni che inibiscono il formarsi di nuovi schemi mentali, e quindi anche di sinapsi[1]. Ma, allora, perché un adulto non può giocare? E, attenzione, non mi riferisco al gioco “istituzionalizzato” come ad esempio il gioco-sport (tennis, calcio ecc.) oppure il gioco apparentemente più “maturo” (come possono essere quelli di carte o i giochi di ruolo da tavolo). Perché molti di noi si schiferebbero a vedere un sessantenne giocare a soldatini (attenzione anche qui: da solo, non per far divertire dei bambini) e subito lo boccerebbero come immaturo? E perché (quando ancora si compravano i giocattoli in negozio e non on line) molti adulti si mascheravano dietro alla bugia “è per mio nipote…” quando invece quella macchinina formidabile era invece per lui? Perché, insomma, il giocattolo deve essere considerato unicamente prerogativa del bambino (fino una certa età) e non dell’adulto?
Perché sul
giocattolo esistono pregiudizi nati da una sciocca morale sociale e duri a
morire. Ad esempio ricordo che tantissimi anni fa, nel fare una serie di
servizi per un giornale locale, chiesi ad una neuropsichiatra infantile: “Ma la
distinzione rosa/azzurro per distinguere i giocattoli per femmine e maschi, ha
ragion d’essere?”. La risposta fu perentoria: “Assolutamente no. È solo una
convenzione per i genitori”.
Ma anche
perché il giocattolo è stato spogliato della sua formidabile valenza non
soltanto educativa, ma anche fisiologica (quella insomma di nutrire il
cervello): i famosi giocattoli educativi
di una nota marca italiana, sono un “non senso”, perché il giocattolo (fosse anche
solo un pezzo di legno colorato a mo’ di mitra, fucile, o bastone magico) è
esso stesso educativo. Il giocattolo
stimola difatti la fantasia, la nutre, ci porta ad interpretare ruoli come il
pilota, il soldato, l’eroe, il marinaio ecc. che sono una manna per le nostre
sinapsi, per le nostre emozioni e per mettere alla prova la nostra
personalità.
In conclusione:
schiacciati da questi pregiudizi ormai cronici, gli adulti “sani di mente e
giocosi” provano una sorta di “vergogna sociale” a giocare fuori dagli schemi
concessi dal vedere comune. Allora giocano nella solitudine della loro
abitazione (lontano da possibili sguardi severi) oppure spesso si ghettizzano
in gruppi di pari (ad esempio il gruppo di uomini che gioca a fare la guerra
simulata, oppure rievoca epoche passate come il Medioevo o il tempo dei
Romani), perché lì sanno che trovano comprensione e solidarietà.
La prossima
volta che vedete un adulto giocare, allora, vi prego: prima di tacciarlo immediatamente
– e senza appello - come un eterno Peter Pan o un immaturo, scambiateci due
parole: magari è una persona intellettualmente meravigliosa, che ha solo una
sana voglia di giocare, e non necessariamente perché “resta un bambino”.
Ah…
dimenticavo… il carrarmato è già stato spedito dalla Cina e non vedo l’ora che
arrivi… :-)
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P iccole storie di ordinario aeromodellismo. Come questa…. In volo oggi Complice l’arrivo del nuovo modello Yusha proprio il giorno del mi...
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- "Ma tu dai sempre i nomi ai tuoi modelli. Perché?" - "Perché per me non sono solo un misto di polistirolo ed elettronica. D...













