Il 4 giugno 2022 ci lasciava il nostro presidente Elio Corongiu. Ad un
anno dalla scomparsa, mi piace ricordarlo così
Ciao Presidente,
sì, ti chiamo ancora presidente,
perché continui ad esserlo. E lo faccio da presidente onorario, ma al contrario. Cioè non per meriti che oltrepassano
l’anzianità di servizio, ma perché ritengo “un onore” esserlo, nonostante
tutto: le difficoltà, i legacci d’una vita cambiata che tante volte mi fanno
provare malinconia per la frequenza con cui, prima, riuscivo a venire “a casa
tua”, al campo.
Ricordo i giorni della tua scomparsa, e soprattutto quel pomeriggio in
cui ci siamo ritrovati al campo. Non per volare, ma per incontrarci, stringerci
assieme per superare lo choc della tua perdita; una sorta di rosario laico dove al posto delle
preghiere c’erano i ricordi, la voglia di ritrovarti ancora “a casa tua”,
appunto.
Ho sempre pensato che tu sia ancora lì, a fumare, a imbronciarti per
le cose che ancora non vanno, per insegnarci ancora qualcosa. E tante volte,
prima di un volo, chiedo il tuo aiuto, la tua benedizione, il tuo appoggio
perché in qualche modo tu possa accompagnare la mia bestiola volante che piano
piano si avvicina a te salendo nel cielo. Sei ancora lì dove ti abbiamo
lasciato, incurante ora del caldo o del gelo, e delle idiozie che vorrebbero
tarparci le ali. No, tu sei più grande. Ti spieghi le ali senza curarti di
carburazione o settaggi, regole o altitudine, e se un tempo dicevi sempre che
“i modelli hanno sempre ragione loro”, ora ce l’hai tu. Ora sei tu a guidarli
nell’unico spazio ormai libero: quello
del cuore e del sogno.
Casa tua è ancora viva. Perché è una casa da riempire ancora di
emozioni. E in qualche modo, il tuo messaggio viene portato avanti. Così, so
bene che quando nessuno ti può vedere, la sagoma della tua auto azzurra
percorre ancora quel lembo di terra secca che unisce il mondo reale al nostro. Senza
fretta tiri fuori modelli stupendi, mai visti, e li fai volare contro ogni
legge della fisica e dei limiti umani. Lo sanno gli uccelli del cielo, che se
la ridono del nostra maldestra volontà di imitarli. Lo sanno queste zolle
d’erba che trasudano di ruotini che le hanno solcate, di imprecazioni per un
crash, di tanti obiettivi da raggiungere, ma soprattutto di passione e di amore:
quello per il volo. Lo sa il buon Dio, che probabilmente si rammarica bonariamente
perché tu hai ancora del lavoro da fare qui. E alle rotte stupende del cielo,
preferisci ancora l’aria calda e imprevedibile di questa macchia di bosco, tra
il nulla e il sogno.
E lo sanno infine le stelle che ti stanno a guardare, mentre il tuo
motore ruggisce, le ali corrono, e l’erba si piega sotto le tue meraviglie
volanti che, in un magico non-tempo, sorvolano ancora i nostri sogni e le
nostre lacrime.
Ciao, allora, Presidente. O forse solo arrivederci.
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