Ricordo che
da piccolo (ma neanche poi tanto...) ero
solito fondare club di cui il più delle volte ero l’unico partecipante. Non era
una sorta di istrionismo esagerato, nemmeno una forma di attitudine al comando. Più semplicemente era la voglia di fare branco, di trovare anime complementari
con le quali condividere esperienze, interessi, sogni e fantasia. Col passare
degli anni, poi, ho finalmente dato vita a gruppi che non soltanto erano numerosi
(finalmente!) ma che di cose ne hanno anche fatte. In particolare ricordo con
grande tenerezza e nostalgia un gruppo di poesia che è durato per 15 anni, fino
a quando nel 1999 ho lasciato il Piemonte per venire in Lombardia.
Nel campo volo ho cercato e trovato le stesse motivazioni di allora: branco, calore, amicizia, voglia di divertirsi nel pieno rispetto degli altri. E come allora era solo la “parola” ad unirci (il gruppo poetico), oggi è una striscia d’erba ed un cielo non infinito. Non ci sono interessi economici, tantomeno di “potere”, e men che meno sfide maschie per conquistarsi favori femminili.
La sociologia abbonda di testi sulle dinamiche di gruppo, e non è certo il caso di scomodarla. Può però essere utile ricordare che il gruppo può vivere fasi alterne ed evolutive esattamente come un rapporto affettivo. Si passa dalla conoscenza, all’innamoramento, per poi sfociare in un rapporto maturo dove occorre accettare, mediare, avere pazienza, ecc.
Ma cos’è che fa gruppo? A parte l’interesse comune (che tuttavia può anche essere vissuto in maniera più autonoma e poco socializzante), credo che il segreto stia innanzitutto nel farsi membro del branco, ovvero accogliere alla pari qualsiasi altro membro del gruppo, senza sentirsi né superiore né inferiore. Questo, ovviamente, rispettando le gerarchie stabilite dallo statuto e democraticamente elette.
Nel caso dell’aeromodellismo, io posso essere il pilota più figo del mondo, posso contare su un palmares sbalorditivo di successi e far volare ai limiti della gravità modelli da sogno, ma se poi, a terra - tra il caldo e l’umido, le mosche e il sudore, e il nulla che in genere attornia un campo - “resto umile” e ho voglia di socializzare, di ridere, di scherzare, allora io stesso posso aggiungere fondamentali gocce di colla per tenere insieme un gruppo che comunque è in continuo divenire.
Come una casa, poi, un gruppo ha bisogno di “muri portanti”, ovvero di persone capaci di fare (come dice la sociologia) da leader emotivi, che non necessariamente coincidono con i leader (es. il direttivo) riconosciuti ed eletti. Tali leader emotivi sono coloro che sanno attrarre a sé le simpatie di molti, e che riversano questa energia positiva sul gruppo stesso, facendo da “paciere” ma soprattutto sdrammatizzando gli eventi avversi e ricordando a tutti l’obiettivo (soprattutto emotivo) che il gruppo ha.
Dio benedica queste persone, perché sono proprio loro a reggere il tubetto di colla che fa tenere assieme il gruppo. E quando queste svaniscono, sovente cala sul gruppo una cortina di stanchezza e noia che il più delle volte fa allontanare le persone e svanire ogni progetto.
Ma attenzione. I muri portanti sono fondamentali, ma non meno anche dei mattoni, delle travi e di tutto ciò che fa casa. Diversamente ci sarebbe solo un rudere incompleto. Per questo amo sempre fare riferimento alla vita sociale del lupo. Il branco è famiglia; è luogo dove sentirsi protetti, giocare, nutrirsi, vivere. Ma il branco funziona solo se io stesso faccio branco, se dunque lo vivo come tale riconoscendone l’importanza e quel misto di regole non scritte e sensibilità che fanno la differenza.
Dunque in certi ambienti viviamo più da lupi che uomini... Ne avremo di che guadagnarci!
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