Provate a chiedere a chiunque pratichi aeromodellismo (ma lo stesso
credo che accada anche a chi è appassionato di barche o macchine
radiocomandate) quanti modelli ha in
casa. Quasi certamente ognuno dirà che ne ha più di uno, passando da un numero indefinito
ma comunque compreso - diciamo - entro i dieci, fino ad arrivare ad oltre il
centinaio. E quasi ognuno di loro dirà che il freno ai loro acquisti è dapprima
dettato dallo spazio disponibile (“Non so più dove metterli!”), poi da
eventuali ostacoli familiari (“Mia moglie mi caccerà di casa se compro un altro
modello!”) e solo secondariamente da questioni economiche. Perché sì, i modelli
costano: diciamo da circa 200 euro a qualche migliaio.
Curiosamente, poi, capita spesso che molti di questi modelli non
vengano nemmeno usati. È il caso di Corrado (nome di fantasia, ndr). In casa
dichiara di avere circa 150 modelli tra aerei, barche, macchine e moto
radiocomandate. Ma alla domanda: “Ma sei in grado di usarli tutti?” la risposta
è “No”. E quando gli chiedo quand’è che è stata l’ultima volta che è venuto a
volare al campo, mi risponde: “Mesi fa”, con una media di forse una/due volte l’anno.
È dunque evidente che ci troviamo di fronte ad un fenomeno quantomeno
strano. E quando ho commentato questo fatto con un collega di volo, la risposta
è stata: “Beh... c’è anche chi ama il collezionismo...”. Tuttavia no, non sono
d’accordo. E vediamo perché.
Proprietà del collezionista (riduco il tutto ad un discorso
semplicistico) è quella di raccogliere in maniera perlopiù mirata e razionale,
la maggior parte di “oggetti” (chiamiamoli genericamente così) legati da una o più caratteristiche che li accomuni. Ad esempio: i dischi dei Beatles usciti in ogni
paese del mondo; gli orologi Cartier; ma anche i fumetti di Tex; qualcuno poi
colleziona autografi dei vip, ecc. Il lavoro del collezionista è dunque preciso
(cerco quel disco, quel numero di fumetto, quella edizione del libro ecc.) e ha
poco a che fare con una sorta di bulimia
dell’acquisto. Cioè difficilmente lo vedremo nelle bancarelle comprare
chili di libri, seppur legati al suo oggetto di interesse. Semmai lo vedremo
nella libreria antiquaria cercare quel libro,
di quell’anno, di quell’editore ecc.
Dalla parte opposta troviamo invece quello che definirei un accumulatore seriale, spinto da una bulimia d’acquisto che dunque riempie la
casa, godendo del suo nuovo acquisto solo per il breve lasso di tempo
necessario alla transazione economica, l’arrivo a casa e l’eventuale stoccaggio
dell’oggetto. Il piacere, dunque, è momentaneo e non nasce dall’uso frequente,
semmai dal possedere, raggiungendo i picchi
all’atto dell’acquisto (o dell’attesa del corriere che lo consegnerà) anche se conditi spesso da
sensi di colpa: “Accidenti quanto ho speso! Devo trattenermi se no...”. Ed ecco
che scatta la spirale a cui ho accennato prima: non si dice “se no non so come
pagare le bollette”, piuttosto “se no mia moglie mi ammazza”, “se no mi sbattono
fuori di casa” e così via. C’è dunque una deviazione del senso di colpa, scaricato
non su di sé ma sull’altro. È come dire: io riconosco di aver esagerato solo
alla luce del possibile rimbrotto altrui. Diversamente, se il soggetto vivesse
da solo, probabilmente non proverebbe nemmeno un velato senso di colpa. O quantomeno durerebbe pochissimo, subito "perdonato" da se stesso.
Tra gli opposti estremi del
collezionista e dell’
accumulatore seriale, c’è poi una vasta
schiera di modellisti che hanno un numero di modelli meno eclatante ma che,
soprattutto, li usano almeno nel 60/70% dei casi. E alla domanda legittima di chi è esterno a questo mondo - “
Ma
non ve ne basta uno, due?” - la risposta può essere semplice: “
Quante
magliette/scarpe/T-shirt hai nell’armadio? Non te ne basta la metà?”. Sì,
perché il modello può essere paragonato ad un abito: ha caratteristiche (non
solo estetiche) che lo rendono unico e pertanto ha un ruolo preciso in una
ipotetica scala di gradimento di chi lo possiede. Oggi mi va di usare il
modello X, domani l’Y, perché... ho voglia di un modello più veloce, ho voglia
di vedere una “riproduzione”
solcare il cielo, e così via.
Una cosa interessante da sottolineare è poi il fatto che spesso non c’è
correlazione diretta tra disponibilità
finanziaria e impulso all’acquisto.
Certo, chi ha più soldi potrà spendere a cuore più leggero, ma anche chi non
naviga nell’oro certamente troverà il modo di riempire la casa di modelli,
seppur in misura ridotta. Magari comprando di seconda mano o a rate.
In conclusione: gli “anziani” dicono spesso che il modellismo è una malattia. Questa può
essere una “meravigliosa malattia” in quanto credo fermamente che offra stimoli e
imponga un’educazione di alto livello a chiunque lo pratichi con serietà e
costanza (ad esempio aiuta a superare i propri limiti, ci impone umiltà,
pazienza, socialità con gli altri soci del campo, stimola la manualità, ci fa
vivere ore all’aria aperta ecc.) ma dall’altro può scatenare sindromi talvolta
perverse che ci fanno accumulare senza goderne, favorendo un consumismo
istantaneo che - come detto - scatena il piacere solo all’atto dell’acquisto. D’altra
parte non dicono forse i saggi che il piacere sta proprio nel desiderio?
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