«Dai 15 ai 19 anni ho fatto tanto modellismo! Abbandonato fino ai 74
anni, che peccato ritrovarsi ad imparare tutto così in ritardo però "con
pazienza" miglioro tanto giorno per giorno!».
Scrive così Alberto, a
commento di un mio post pubblicato nella versione blog di Voglia di volo. E rappresenta un percorso pressoché esemplare. Da
ragazzo si è avvicinato con passione a questo hobby. Poi, per motivi a me
ignoti ma che in ogni caso poco contano, ha smesso. Salvo riprendere dopo ben
55 anni, in un momento della vita dove il più delle volte si spendono le
giornate tra nipotini, gite organizzate, giochi di carte al bar, oppure la
solitudine di una casa svuotata e ricca solo di ricordi e qualche rimpianto.
Riesco a immaginare il
signor Alberto negli anni ’60, con quei modelli che molti di noi ora riescono a
vedere solo in vecchi filmati su YouTube, o in foto che hanno il sapore e il
fascino dei pionieri. E lo immagino ora, posto di fronte a modelli che allora
sarebbero apparsi fantascientifici e una tecnologia che – a confronto – farebbe
apparire quella come un’epoca del telegrafo a confronto di quella dei satelliti
spaziali. E mi fa una profonda tenerezza (oltre che innescare un profondo senso
di stima) quel suo "con pazienza miglioro tanto giorno per giorno". Perché è
segno di umiltà, ma anche determinazione e passione, che sono tre componenti
fondamentali per praticare con soddisfazione l’aeromodellismo.
C’è tuttavia un aspetto
di questa – ma anche altre vicende simili – che mi affascina: perché riprendere dopo oltre cinquant'anni?
La risposta più
semplice sarebbe questa: perché ora, probabilmente in pensione, la persona in
oggetto ha tempo da dedicare a un hobby e ha deciso di rimettersi in gioco per
mantenere vivace il suo stile di vita oltre che la sua mente. Sì, certo.
Indubbiamente la conclusione della vita lavorativa e quindi degli impegni,
della fatica e del tempo che brucia con sé, determina uno spazio-tempo non solo
liberato, ma anche da colmare in qualche modo. Eppure…
Il signor Alberto, come
tanti altri, avrebbe potuto riempire il suo
spazio-tempo in altro modo. E sicuramente avrebbe faticato, ma anche speso
di meno. Invece no. Ha scelto diversamente. C’è quindi dell’altro, che va oltre
una risposta semplice e indubbiamente logica.
Immagino allora… la
casa del signor Alberto. Quella radio che un tempo "mi costò un occhio della
testa", quel modello costruito con le sue mani, magari in cantina, di sera, e
quei voli fatti in campi improvvisati, con l’erba alta, e i contadini che
imprecavano perché questi "giovani sciagurati" calpestavano la soia appena
piantata, e con i loro giocattoli disturbavano gli animali che alzavano la
testa incuriositi nelle stalle vicine.
Immagino i suoi 19
anni. Il lavoro che reclama sempre più tempo, la casa da portare avanti con i
soldi guadagnati perché "papà non ce la fa più e c’è la luce da pagare, oltre
al conto dal droghiere che cresce come i figli". E quel modello viene lasciato
in cantina, coperto da un telo come se fosse una statua preziosa, e quella
radio depositata nel cassetto dell’armadio, anch'essa protetta con cura e… guai
a chi la tocca. Con quello che è costata! "Viene direttamente dall'America…".
Immagino questi 55
anni. Lo sguardo che ogni tanto si posa sul modello, e l’emorragia di ricordi
che fa scaturire. La mano che tocca l’elica, sfiora la naca, come la carezza ad
una persona cara che sta invecchiando come il pilota. E quel tempo che non c’è
mai. Quel maledetto lavoro che ti consuma l’anima e piaga le mani, quel conto
in Posta che sembra calare ogni mese, e la vita che… "è tutto raddoppiato come spese"
e si fa fatica ad arrivare a fine mese.
Immagino nel suo cuore,
nella sua mente quel batterio sano dell’aeromodellismo che è cresciuto, e si è
insediato stabilmente nei tessuti cardiaci e della fantasia. Un ospite per
certi versi indesiderato ("non ho più tempo e soldi per riprendere") ma allo
stesso tempo vivo. Perché finché c’è, fino a quando insinua le sue dolci
tossine nel sangue, una parte di noi resta viva: quella più ludica, passionale,
fantasiosa, creativa.
Immagino infine i suoi
74 anni. La sensazione che ormai il proprio "dovere" è stato svolto fino in
fondo e che rimane ancora del tempo per sé. Per non ammuffire in un bar. Per
non passare il tempo a piangere chi non c’è più o a pensare ai figli che "ora
sono grandi e lavorano lontano". Ma immagino anche l’emozione e la soddisfazione
nel togliere la coperta dal modello. La gioia nel riaccendere la radio insieme
alla consapevolezza che tutto è passato. E che c’è un mondo nuovo da scoprire.
Nuove radio, nuova tecnologia, nuovi modelli. Che strano e che fatica tornare
ad essere alunni a 74 anni. Però la passione è la stessa. E quel batterio, per
fortuna, non ha mai smesso di crescere e nutrirsi di sogni.
È vero, è un «peccato ritrovarsi ad imparare tutto così in
ritardo, però "con
pazienza" miglioro tanto giorno per giorno!».
Buoni voli signor
Alberto. Che il cielo ti sia sempre lieve e il sorriso resti sempre nel tuo
cuore.
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