domenica 24 settembre 2017

Sono tornato a volare dopo 55 anni

«Dai 15 ai 19 anni ho fatto tanto modellismo! Abbandonato fino ai 74 anni, che peccato ritrovarsi ad imparare tutto così in ritardo però "con pazienza" miglioro tanto giorno per giorno!».

Scrive così Alberto, a commento di un mio post pubblicato nella versione blog di Voglia di volo. E rappresenta un percorso pressoché esemplare. Da ragazzo si è avvicinato con passione a questo hobby. Poi, per motivi a me ignoti ma che in ogni caso poco contano, ha smesso. Salvo riprendere dopo ben 55 anni, in un momento della vita dove il più delle volte si spendono le giornate tra nipotini, gite organizzate, giochi di carte al bar, oppure la solitudine di una casa svuotata e ricca solo di ricordi e qualche rimpianto.

Riesco a immaginare il signor Alberto negli anni ’60, con quei modelli che molti di noi ora riescono a vedere solo in vecchi filmati su YouTube, o in foto che hanno il sapore e il fascino dei pionieri. E lo immagino ora, posto di fronte a modelli che allora sarebbero apparsi fantascientifici e una tecnologia che – a confronto – farebbe apparire quella come un’epoca del telegrafo a confronto di quella dei satelliti spaziali. E mi fa una profonda tenerezza (oltre che innescare un profondo senso di stima) quel suo "con pazienza miglioro tanto giorno per giorno". Perché è segno di umiltà, ma anche determinazione e passione, che sono tre componenti fondamentali per praticare con soddisfazione l’aeromodellismo.

C’è tuttavia un aspetto di questa – ma anche altre vicende simili – che mi affascina: perché riprendere dopo oltre cinquant'anni?

La risposta più semplice sarebbe questa: perché ora, probabilmente in pensione, la persona in oggetto ha tempo da dedicare a un hobby e ha deciso di rimettersi in gioco per mantenere vivace il suo stile di vita oltre che la sua mente. Sì, certo. Indubbiamente la conclusione della vita lavorativa e quindi degli impegni, della fatica e del tempo che brucia con sé, determina uno spazio-tempo non solo liberato, ma anche da colmare in qualche modo. Eppure…
Il signor Alberto, come tanti altri, avrebbe potuto riempire il suo spazio-tempo in altro modo. E sicuramente avrebbe faticato, ma anche speso di meno. Invece no. Ha scelto diversamente. C’è quindi dell’altro, che va oltre una risposta semplice e indubbiamente logica.

Immagino allora… la casa del signor Alberto. Quella radio che un tempo "mi costò un occhio della testa", quel modello costruito con le sue mani, magari in cantina, di sera, e quei voli fatti in campi improvvisati, con l’erba alta, e i contadini che imprecavano perché questi "giovani sciagurati" calpestavano la soia appena piantata, e con i loro giocattoli disturbavano gli animali che alzavano la testa incuriositi nelle stalle vicine.

Immagino i suoi 19 anni. Il lavoro che reclama sempre più tempo, la casa da portare avanti con i soldi guadagnati perché "papà non ce la fa più e c’è la luce da pagare, oltre al conto dal droghiere che cresce come i figli". E quel modello viene lasciato in cantina, coperto da un telo come se fosse una statua preziosa, e quella radio depositata nel cassetto dell’armadio, anch'essa protetta con cura e… guai a chi la tocca. Con quello che è costata! "Viene direttamente dall'America…".

Immagino questi 55 anni. Lo sguardo che ogni tanto si posa sul modello, e l’emorragia di ricordi che fa scaturire. La mano che tocca l’elica, sfiora la naca, come la carezza ad una persona cara che sta invecchiando come il pilota. E quel tempo che non c’è mai. Quel maledetto lavoro che ti consuma l’anima e piaga le mani, quel conto in Posta che sembra calare ogni mese, e la vita che… "è tutto raddoppiato come spese" e si fa fatica ad arrivare a fine mese.

Immagino nel suo cuore, nella sua mente quel batterio sano dell’aeromodellismo che è cresciuto, e si è insediato stabilmente nei tessuti cardiaci e della fantasia. Un ospite per certi versi indesiderato ("non ho più tempo e soldi per riprendere") ma allo stesso tempo vivo. Perché finché c’è, fino a quando insinua le sue dolci tossine nel sangue, una parte di noi resta viva: quella più ludica, passionale, fantasiosa, creativa.

Immagino infine i suoi 74 anni. La sensazione che ormai il proprio "dovere" è stato svolto fino in fondo e che rimane ancora del tempo per sé. Per non ammuffire in un bar. Per non passare il tempo a piangere chi non c’è più o a pensare ai figli che "ora sono grandi e lavorano lontano". Ma immagino anche l’emozione e la soddisfazione nel togliere la coperta dal modello. La gioia nel riaccendere la radio insieme alla consapevolezza che tutto è passato. E che c’è un mondo nuovo da scoprire. Nuove radio, nuova tecnologia, nuovi modelli. Che strano e che fatica tornare ad essere alunni a 74 anni. Però la passione è la stessa. E quel batterio, per fortuna, non ha mai smesso di crescere e nutrirsi di sogni.

È vero, è un «peccato ritrovarsi ad imparare tutto così in ritardo, però "con pazienza" miglioro tanto giorno per giorno!».

Buoni voli signor Alberto. Che il cielo ti sia sempre lieve e il sorriso resti sempre nel tuo cuore. 

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