giovedì 24 agosto 2017

Lezioni off-fly

Ho più volte fatto cenno a quella che io chiamo piccionaia (ovvero quello spazio di sosta ai margini della pista dove si radunano piloti che non volano ed eventuali visitatori), luogo dove le diverse personalità di chi frequenta un campo possono esprimersi e manifestarsi. Ma anche luogo dove si possono svolgere attività diverse: socializzare, rilassarsi, godersi il volo altrui e persino imparare. Sì. Se si ha la voglia, l’umiltà, nonché la predisposizione a raccogliere tutto ciò che questo hobby può regalarci, la piccionaia può davvero diventare un’aula di lezione off-fly, ovvero "senza volo", a terra.  

Gli spunti sono diversi. Tante volte ho chiesto ai "vecchi" del campo nozioni di aerodinamica, delucidazioni su manovre acrobatiche, informazioni tecniche su motori, batterie ecc. Ma il più delle volte sono stati gli eventi del campo a fornirmi spunti utili. Persino un crash. Come pochi giorni fa.

Stavo ammirando il modello di un collega sicuramente esperto, quando al secondo volo l’ho visto con la coda dell’occhio precipitare di muso andando a sfracellarsi in un campo vicino. "Cos’è successo?" gli ho chiesto una volta tornato in piccionaia con pezzi d’aereo tra le mani. "Non so. Sono andato in vite e poi non sono più riuscito a riprenderlo".
Traduco per i non addetti ai lavori: la vite è una manovra acrobatica in cui l’aereo scende di quota avvitandosi letteralmente su se stesso grossomodo attorno al suo asse verticale. Questa prevede una discesa controllata con una ripresa della linea di volo normale. Cosa che non è successa al mio collega.
Dunque un’acrobazia non è riuscita. Le possibilità erano due: soprassedere, tanto è probabile che per almeno qualche anno non farò mai una manovra del genere; oppure chiedere consiglio su cosa fare (a parte affidarsi alla bontà divina) in un caso simile. Io ho scelto la seconda. Anzi, per la precisione ho ascoltato con attenzione i suggerimenti che uno dei piloti più esperti del campo (nonché mio tutor iniziale) ha dato. Probabilmente, dunque, non solo non farò mai quell'acrobazia ma – in caso di problema simile – difficilmente avrei il sangue freddo per mettere in pratica quanto suggerito. Però non si sa mai. Un angolo del cervello ha registrato quella informazione. E non è detto che – incoscientemente – le mie mani nel caso lo ascoltino al momento opportuno.  

D’altra parte l’arrivare al punto in cui certi automatismi mentali scattano senza dover attivare il pensiero per metterli in atto, è una importante conquista derivante dall'esperienza. "Devi arrivare a quel punto, perché alcuni modelli non ti daranno il tempo di pensare. Devi fare e basta", mi sono sentito ripetere a lungo. Ed è vero. Oggi posso dire che “non penso” di virare a destra o a sinistra. Lo faccio e basta. Anche quando il modello è posto frontalmente a me, e dunque i comandi sono invertiti. Talvolta, però, il cervello va in tilt.

Mi è successo circa dopo i primi due anni di volo, con il mio aereo-scuola. Avevo già acquisito suddetti automatismi, quando un giorno, con il modello pronto per l’atterraggio e quindi posto di fronte a me, "dimenticai" l’inversione dei comandi. Per qualche istante vidi l’aereo galleggiare pericolosamente verso la piccionaia. Ma… non ci fu verso. Il cervello era andato totalmente in tilt. Così, invece che virare semplicemente dalla parte opposta della direzione intrapresa, continuai in quella. Risultato: come un goffo albatros il mio modello si appoggiò letteralmente tra la rete di protezione e le prime file di piloti in attesa. Senza danni, ma con grande stupore e rammarico da parte mia.

Anche in quel caso, cosa feci? A casa, sul simulatore al computer, ripetei la scena per capire cosa fosse successo. Salvo poi comprendere che "ero andato in palla". Quasi ipnotizzato dall'incidente imminente che si stava profilando, senza tuttavia riuscire a rimediare. Un errore che per fortuna non è più successo. Anche se occorre ricordare: "mai dire mai!". 

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