domenica 6 agosto 2017

Cabra... cadabra

Come ogni attività, sia essa sportiva o lavorativa, anche l'aeromodellismo ha il suo lessico. Io lo scoprii sulla mia pelle nell'autunno 2012, quando trovai finalmente qualcuno che potesse insegnarmi a far volare un elicottero radiocomandato. Nel mio caso si trattava di Mario (per questioni di privacy uso un nome di fantasia, nda). Un signore ben messo,  dall'aria forse più di un rappresentante di cosmetici che di pilota. Ma tale era il mio interesse che non esitai a percorrere circa 60 chilometri, tra andata e ritorno, più il costo di ogni singola lezione, per circa 5 mesi di fila. Eppure il primo giorno non me lo dimenticherò mai.  

Arrivai di buon ora, con il mio mini-bagaglio di nozioni aerodinamiche e una breve (nonché critica, in quanto dimostratasi fin da subito fallimentare) esperienza con elicotterini coassiali; vale a dire buoni per bambini, mentre io di anni ne avevo già 48. Mario mi accolse nel suo campo. Un po' spartano, a dire il vero. Dopo un veloce briefing iniziale per capire "a che punto ero", mi invitò a provare dal vero. Avrebbe usato una radio a doppio comando (con il cavo maestro-allievo), in modo tale che in ogni istante potesse prendere il controllo del... bestione! Sì, tale mi parve fin da subito: un Align TRex 600 (vedi la foto originale di me presso il campo). Stupendo, ma inquietante fin dalla messa in moto. 

Mario mi diede subito una dimostrazione di "quello che si poteva fare con un modello del genere". Per pochi, intensi minuti, fece muovere il bestione come se fosse appeso ad un filo trasparente, in ogni direzione. Ne rimasi estasiato, anche se forse per me era più affascinante il sound, l'armonia di volo, oltre ad un non so che di atavico che mi fa amare da sempre questo aeromobile. Forse l'idea di Mario era di mostrarmi fino a che livello sarei potuto arrivare. "Sì", pensai subito,  "se il buon Dio mi avesse concesso altre mani, altri occhi e un altro cervello!". 

Fatto sta che ci posizionammo in mezzo all'erba. Io teso come una corda di violino. Mario rassicurante.

La bestia prese vita, ruggì con le pale, guadagnò in pochi secondi un'altezza (di sicurezza) che per Mario equivaleva alla stratosfera, per me un livello appena sufficiente per stare più rilassato. Al che inizia il tutto. Mario capisce subito che l'esperienza sui coassiali può essere deleteria. "Piano... piano... rilassati, morbido sui comandi". Dapprima il tono è pacato, mentre le mie pulsazioni schizzano in sù. Poi inizia: "Cabra... cabra... troppo... picchia... picchia".

Preciso che di termini aeronautici già ne masticavo. Ma da lì a metterli in pratica soprattutto in una situazione di alta tensione, ce ne vuole. Per me quel "cabra" in quel momento evocava solo la famosa frase magica "Abracadabra". Così ad ogni "cabra" metà cervello capiva che dovevo alzare il muso dell'elicottero, l'altra piangeva: "ma che cazzo significa?! Parla chiaro, no? Su, e giù, ci vuole tanto?".

Dopo un minuto le vene del collo di Mario si ingrossano: "Cabra... cabra... cabraaaaaaa! No, troppo picchia, ora picchia".

Ok. Fermi tutti. Fossi stato a terra, avrei detto a Mario: "Hai dei problemi? Vuoi che ci prendiamo un caffè? Ho il pomeriggio libero. Ma per favore deciditi: o cabro o picchio. Dimmi tu!".

Dopo pochi minuti Mario riportò a terra la bestia con un salto di quota di almeno 30 metri, salvo posarlo con la delicatezza di un chirurgo. Attesi il responso come chi è stato interrogato a scuola e sa di non aver aperto quasi bocca. "Ok... tranquillo. C'è da lavorare, ma ce la faremo".

Quel "c'è da lavorare" fu un capolavoro di diplomazia. In realtà voleva dire: "Sei un cane. Si vede che hai guidato giocattolini fino ad ora, ma ora tutto cambia".
E con tono da film Saranno famosi: "Ora caro mio sta a te. Se vuoi diventare un pilota, devi iniziare a sudare (già lo facevo nonostante il clima rigido, nda). Ed è qui che inizierai a farlo. Cabra, picchia, cabra, picchia, cabra...". 

Nooooooo!

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