lunedì 5 giugno 2023

Una passione educativa

Articolo pubblicato sul giornale comunale di Ceriano Laghetto (Aprile 2023) 


All’aeromodellismo ci si può arrivare per vie diverse: per tradizione familiare (es. papà con questo hobby), per passione giovanile legata ai giochi di movimento e tecnologici, oppure (com’è capitato a chi scrive), anche in età non più tenera, frutto di una più generale passione per aerei ed elicotteri. Quale che ne sia l’origine, è importante evidenziare come si tratti di un’attività che - superato il primo “innamoramento” giovanile destinato molto spesso ad essere sostituito da stimoli post- adolescenziali ben più accattivanti - è in grado di insegnare molto; sempre però che chi lo pratica abbia la sensibilità e la predisposizione per coglierne i tanti messaggi educativi che offre. Cos’ha da insegnare, dunque, far volare i nostri modelli? Per prima cosa l’umiltà. Se qualcuno pensa di acquistare l’attrezzatura e di diventare immediatamente un novello Barone Rosso del radiocomando, sbaglia. Certo ci sono persone - soprattutto ragazzi - che pare che ce l’abbiano nel sangue, ma in generale ognuno deve prima passare attraverso  il rammarico di inevitabili cadute (o crash come li chiamiamo noi), rotture finanche gravi del modello e lo sconforto che ne deriva. Tutto normale. Essere umili vuol dunque dire accettare di imparare spesso da zero; darsi il tempo di farlo, sia esso lungo o corto; appoggiarsi ai piloti esperti di un campo volo, e seguire i loro consigli, ma anche comprendere con animo aperto i loro rimproveri qualora fossero necessari.

Da questo derivano altri due aspetti: la socialità  e la resilienza. Vediamo il primo. È ormai certo che il modo migliore per imparare a pilotare un aeromodello è quello di frequentare un campo volo dedicato e “ufficiale”. Così facendo si può essere seguiti da “maestri” esperti, ma anche evitare di fare primi acquisti magari inadatti, inutili e costosi; di conseguenza in media si impara meglio e più in fretta, riducendo (ma non evitando del tutto) i crash. È chiaro tuttavia che l’allievo è bene che dimostri rispetto per chi lo segue, per gli altri soci e per le regole del campo, ma anche che debba avere quella giusta dose di socievolezza che lo rende “piacevole” e che proprio grazie a questa vedrà aprirsi le porte della simpatia e dell’amicizia degli altri piloti. E di questo ne trarrà lui stesso un grande vantaggio immateriale. Ho invece citato la resilienza, ovvero la capacità di reagire positivamente a episodi negativi o traumatici, perché sarà proprio questa ad evitare di far mollare tutto dopo le prime cadute e spingere invece a comprendere errori, limiti e finanche ad accettare quella sfortuna che a volte ci mette lo zampino. Ripeto: ognuno di noi ha piloti subito decine di incidenti col modello. Ma abbiamo proseguito, tra colla e sudore, lacrime e coraggio, fino a volare ancora dopo 10, 30 anni o una vita intera.

Un ultimo - non meno importate aspetto - riguarda la crescita personale. Ogni volo è una sfida, ed anche il pilota più esperto conserva dentro di sé fosse anche solo un grammo di dubbio o paura che qualcosa possa andare storto. Certo, nel neofita parliamo di tonnellate di paura, non di grammi. Ma il concetto è lo stesso. L’importante è guardare in faccia ai nostri timori, comprenderli, accettarli e muovere le gambe (anche se tremano di paura) per raggiungere il centro della pista e decollare ancora. Anche se hai ancora le mani imbrattate di colla per le riparazioni e il portafoglio alleggerito per le spese. Prendi, decolla e vai. Solo così arriverai al punto di smantellare quel macigno di terrore (soprattutto post-crash) e trasformarlo in una leggera tensione che ti fa essere attento, vigile, pronto a intervenire sempre e comunque. Accettare la sfida, affrontarla col cuore aperto e la mente lucida, comprendendo (se possibile) il perché degli errori fatti: ecco ciò che si può trarre da 5-10 minuti di volo. E se non è crescita personale questa...

venerdì 2 giugno 2023

Ciao Presidente...

Il 4 giugno 2022 ci lasciava il nostro presidente Elio Corongiu. Ad un anno dalla scomparsa, mi piace ricordarlo così


Ciao Presidente,

sì, ti chiamo ancora presidente, perché continui ad esserlo. E lo faccio da presidente onorario, ma al contrario. Cioè non per meriti che oltrepassano l’anzianità di servizio, ma perché ritengo “un onore” esserlo, nonostante tutto: le difficoltà, i legacci d’una vita cambiata che tante volte mi fanno provare malinconia per la frequenza con cui, prima, riuscivo a venire “a casa tua”, al campo.

Ricordo i giorni della tua scomparsa, e soprattutto quel pomeriggio in cui ci siamo ritrovati al campo. Non per volare, ma per incontrarci, stringerci assieme per superare lo choc della tua perdita; una sorta di rosario laico dove al posto delle preghiere c’erano i ricordi, la voglia di ritrovarti ancora “a casa tua”, appunto.

Ho sempre pensato che tu sia ancora lì, a fumare, a imbronciarti per le cose che ancora non vanno, per insegnarci ancora qualcosa. E tante volte, prima di un volo, chiedo il tuo aiuto, la tua benedizione, il tuo appoggio perché in qualche modo tu possa accompagnare la mia bestiola volante che piano piano si avvicina a te salendo nel cielo. Sei ancora lì dove ti abbiamo lasciato, incurante ora del caldo o del gelo, e delle idiozie che vorrebbero tarparci le ali. No, tu sei più grande. Ti spieghi le ali senza curarti di carburazione o settaggi, regole o altitudine, e se un tempo dicevi sempre che “i modelli hanno sempre ragione loro”, ora ce l’hai tu. Ora sei tu a guidarli nell’unico spazio ormai  libero: quello del cuore e del sogno.

Casa tua è ancora viva. Perché è una casa da riempire ancora di emozioni. E in qualche modo, il tuo messaggio viene portato avanti. Così, so bene che quando nessuno ti può vedere, la sagoma della tua auto azzurra percorre ancora quel lembo di terra secca che unisce il mondo reale al nostro. Senza fretta tiri fuori modelli stupendi, mai visti, e li fai volare contro ogni legge della fisica e dei limiti umani. Lo sanno gli uccelli del cielo, che se la ridono del nostra maldestra volontà di imitarli. Lo sanno queste zolle d’erba che trasudano di ruotini che le hanno solcate, di imprecazioni per un crash, di tanti obiettivi da raggiungere, ma soprattutto di passione e di amore: quello per il volo. Lo sa il buon Dio, che probabilmente si rammarica bonariamente perché tu hai ancora del lavoro da fare qui. E alle rotte stupende del cielo, preferisci ancora l’aria calda e imprevedibile di questa macchia di bosco, tra il nulla e il sogno.

E lo sanno infine le stelle che ti stanno a guardare, mentre il tuo motore ruggisce, le ali corrono, e l’erba si piega sotto le tue meraviglie volanti che, in un magico non-tempo, sorvolano ancora i nostri sogni e le nostre lacrime.

Ciao, allora, Presidente. O forse solo arrivederci.