«Alla fine... hanno sempre ragione loro!». Ho sentito pronunciare questa frase nel bel mezzo di un pomeriggio tanto uggioso quanto ventoso, ma non da un adolescente irritato - come potrebbe sembrare di primo acchito - bensì da un anziano collega e amico di volo, che per giunta è stato anche mio “maestro”. E quel “loro” era riferito ai modelli.
Giornata strana quella. Ero arrivato al campo per scaricare due batterie che ormai da giorni erano cariche, e che non avevo potuto sfruttare per un micidiale susseguirsi di maltempo, impegni e altro. Così mi ero ripromesso di evitare un’altra messa in storage1 e di volare. Le previsioni meteo promettevano bene. Salvo poi capire che avevano preso uno svarione. Il cielo previsto come “parzialmente nuvoloso”, era di fatto una coperta livida di nubi. Il vento a 8 km/h sembrava avere un valore almeno del doppio. Così ho atteso per due ore, con un freddo pungente nonostante i 10° di temperatura, che tuttavia sembravano essere molti di meno rispetto ai 4° subiti solo due giorni prima. Ero quasi convinto di non volare, dato il vento teso e per di più posto in linea opposta alla normale traiettoria di decollo. Insomma, avrei dovuto decollare “al contrario” e comunque affrontare temibili folate per quel peso piuma del mio Darko.
Eppure
non so perché dico: «Dai, aspetto ancora 10 minuti». E così faccio. E...
miracolo. Il vento cala. Sono già le 16.00 circa. Al che, mando a quel paese i miei
timori e infilo i due voli previsti di Darko uno dietro l’altro, come se non ci
fosse un domani. Tutto bene. Perfetto. Bacio il mio modello sulla capottina e
sono felice come il giovane che ha strappato un sorriso alla più carina della
classe. Mi avvicino gongolante al tavolo, mentre il mio mentore apre il suo bestione
come un chirurgo capace. E sereno.
Un
breve esame e poi il responso: due guasti meccanici hanno determinato le condizioni per la caduta. E il commento: «Alla fine hanno ragione sempre loro».
Curioso.
Ho sempre pensato (e scritto e detto) che i modelli hanno un’anima. Ma nel
senso che hanno un cuore, lo stesso che per assurdo ti rincuora mentre volano
sereni e tu invece sei teso sulla radio perché è tanto che non voli, perché
quel giorno sei particolarmente stanco, o perché quella solita vocina maligna
ti dice che quel giorno sarebbe stato meglio restare a casa. Un cuore “positivo”,
dunque, propositivo. Invece quel “in fondo hanno sempre ragione loro” mi ha
aperto uno scenario diverso. Mi hanno cioè prospettato un cuore più “capriccioso”.
Ma cosa vuol dire, di fatto? Che se un modello cade, in un certo senso non è mai
colpa del modello: o hai sbagliato tu qualche manovra; oppure è subentrato un
evento esterno (es. interferenza radio); o ancora - come in questo caso - se
uno o due guasti meccanici incorrono in volo, non c’è Icaro che tenga: il
modello cade. O anche solo ti mette in difficoltà tali da provocare un possibile crash.
Ecco
allora che l’anima dei modelli si completa, a favore di un cuore a tutto tondo. Quasi più umano. Dolci, rassicuranti, gagliardi, ma anche spietati. È come se dicessero: «Caro
mio, se mi si rompe un pezzo non posso volare; o prevedi tali incidenti con un'assistenza che vada anche oltre il normale funzionamento, oppure non c’è verso.
Cado».
Per
farla breve, è inutile invocare la sfiga. Una ragione c’è sempre, e non dipende
mai dal cuore del modello. Semmai dai suoi arti, i suoi nervi, il suo sistema
propulsore. O da chi li governa aggrappato alla radio.
Facciamocene
una ragione. In fondo, aveva ragione un mio amico d’infanzia quando diceva: «Il
motore è il miglior amico dell’uomo. Ti dà tutto. Fino a quando qualcosa si
rompe e allora non ti dà più nulla».
1 - Procedura grazie alla quale una batteria viene portata (o riportata) a circa 1/3 di carica, preservandone così l'efficienza
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