lunedì 20 luglio 2020

Vento di emozioni

Paura e coraggio sono a prima vista due atteggiamenti contrapposti: se hai paura non hai coraggio; se hai coraggio, puoi anche avere paura, ma procedi lo stesso.
Eppure si può anche avere il coraggio di avere paura. Quando ad esempio - come successo ieri - ti trovi al campo con una giornata insolitamente ventosa. Non prevista dalle app meteo che consulti avidamente ogni volta. Allora aspetti, studi ogni movimento della manica a vento, mentre i tuoi amici e colleghi ignorano del tutto le folate che cambiano ad ogni momento e portano in aria modelli che neanche per sogno io farei muovere.
Ti senti un goffo albatros, così, a terra, mentre seduto a sudare segui il correre dell'orologio e del vento che - accidenti - non vuole proprio darsi una calmata. Anzi, è proprio infido: per tre volte sembra calare. Così ti precipiti al tavolo, colleghi la batteria e ti appresti a guadagnare il centro della pista, quando beffardamente un paio di folate ti fanno cedere. Il vento è tornato, e per di più trasversale.
Passa un'ora. Alla fine decidi. "Only the brave". Solo i coraggiosi, anche se per me avere coraggio in questo caso significa l'equivalente di un salto da uno sgabello di 50 centimetri, rispetto ai miei colleghi che - a confronto - si buttano col paracadute.
Così decollo, approfittando di un attimo di calma. E in effetti per cinque minuti il meteo mi dà una tregua. Atterro. Soddisfatto. Ho però un'altra batteria. Sono le 18.00. Fra poco è ora di tornare. Però ho un'altra batteria. Così scruto la manica a vento che ha ripreso a scodinzolare. Vado. Non vado. Decollo. No. Aspetta. Hai già fatto un volo. Per oggi accontentati. Merda... però ho un'altra batteria.
Alle 18.20, dopo un tira e molla continuo tra cuore e ragione, mollo. Depongo Darko in macchina e ritiro tutto. Non sarò un campione, oggi, ma almeno torno a casa tutto intero.

domenica 19 luglio 2020

L'atterraggio

L’atterraggio col tuo modello non è solo un’evidente necessità. È l’atto conclusivo del tuo volo, iniziato con la rincorsa del decollo e proseguito con le tue geometrie nel mare d’aria. E come tale ne è il suggello. Da volatile torni ad essere un animale terrestre; e qui c’è la congiunzione tra aria e terra, il bivio tra bene (ovvero volo riuscito) e male (crash). Manovrare la tua bestiola a 30-50 metri mentre saluta l’aria e vede approssimarsi il terreno, è una manovra delicata. Lo sappiamo. Lui scende, plana, frena; come un’aquila prima mostra in avanti le zampe (carrello) poi posiziona tutto il corpo (fusoliera) fino a zampettare per raggiungere lo stop definitivo.

E quando riesci ad atterrare bene, senza sussulti, ricordando tutto quello che hai imparato e che ti ripeti ad ogni decollo, allora meriti quel “Bravo ragazzo” che ti sussurri, mentre raggiungi la tua bestiola soddisfatta.

Parlano di me


Rivista "Modellismo", Luglio-Agosto 2020