domenica 6 maggio 2018

Scienza o mistero?

Recentemente, a seguito di una discussione tecnica sulla fisica del volo, mi è capitato di cercare su Internet informazioni semplici e chiare sul perché un aereo può sostenersi in aria. Così, con mia grande soddisfazione, ho trovato il documento di un ingegnere che in poche pagine mi ha aperto un mondo. Mi sono reso così conto che le mie nozioni di base non solo erano precarie, ma anche in parte incomplete. E tra principio di Bernoulli ed effetto Coanda sui fluidi, ho finalmente capito qualcosa di più che, sono sicuro, in parte mi servirà anche per pilotare le mie "bestiole" al campo.
Preso dall'entusiasmo, ho subito condiviso l'informazione on line con i miei amici-colleghi. 

Uno di loro ha risposto: "Preferisco il mistero...".

La persona in questione - pilota che peraltro stimo molto per il suo stile di volo - inconsapevolmente in questo modo ha aperto una questione, se non proprio una dicotomia tra due schieramenti ben presenti in un campo volo: coloro che volano per un puro gusto ludico e quelli che invece amano approfondire; sono curiosi e gradiscono capire il perché delle cose, andando in questo caso a rispolverare nozioni di aerodinamica che in qualunque caso - secondo il loro parere - "sono necessarie per chi ama questo hobby". Non è certo mia intenzione giudicare gli uni e gli altri. Piuttosto approfondire quegli scenari che il commento del mio collega apre e che vanno un oltre la semplice valutazione iniziale.

Come tutti noi sappiamo, non è necessario avere nozioni tecniche specifiche per guidare un'automobile; allo stesso modo non serve essere informatici per utilizzare un personal computer. Dunque può anche non servire conoscere esattamente le ragioni fisiche per cui un aereo vola, e limitarsi a godere di questo presunto "miracolo", cedendo al fascino del mistero. Fascino, sì, perché quel preferisco  il mistero non vuol dire "non ho la testa per leggere trattati di fisica per capire perché il mio aeromodello sta in aria", piuttosto: "potrei cercare di capirlo ma preferisco non saperlo". E dunque: "preferisco quell'alone di mistero che rende intrigante e meraviglioso il fatto che un oggetto pesante possa librarsi in aria come un uccellino", o qualcosa di simile. La questione, in quest'ottica, non diventa più un semplice schierarsi tra quelli che potrebbero essere definiti "piloti della domenica" (in quanto si limitano a caricare batterie, accendere la radio e volare senza porsi domande) e invece coloro che fanno dell'aeromodellismo un momento anche di formazione culturale, dove conoscenze, pratica e manualità la fanno da padrone. Diventa invece un dividersi tra "tecnici" e "sognatori", tra coloro che comunque vogliono capire e coloro che invece preferiscono fermarsi un passo prima.


A questo proposito ricordo che anni fa organizzai un evento letterario il cui tema era grossomodo questo: quanto può ancora affascinare la Luna dopo che l'uomo ci ha messo i suoi piedoni sopra? Sì, perché un conto è ispirarsi a quell'oggetto meraviglioso che per sua natura suscita ammirazione e romanticismo; un conto e rendersi conto che è un satellite grigio, polveroso e pressoché morto. In più ora conserva sulla sue superficie non solo le nostre "pedate", ma anche materiale di scarto delle vecchie missioni Apollo.
Il concetto è identico: è meglio sognare (leggi: "accettare l'idea che l'aereo voli senza capire perfettamente il perché";nonché "ispirarsi alla bellezza della Luna tout court") oppure sapere (leggi: "capire il principio di Bernoulli e l'effetto Coanda"; nonché "sapere che la Luna è un enorme sasso polveroso e senza colori")?

Ripeto. Qui non si tratta di giudicare chi abbia ragione. E nemmeno di criticare o meno i "piloti della domenica". Piuttosto di scegliere tra scienza e mistero. O, meglio: tra sogno e realtà.

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