lunedì 26 settembre 2022

Il tempo sospeso

Esiste un momento in cui gli anni (o anche solo i mesi) passati in mezzo al verde, tra caldo soffocante e gelo, zanzare o improvvisi rovesci di pioggia, iniziano a pesare. Allora se prima scrutavi ogni piega del meteo per scoprire quante possibilità avevi di poter volare, se le batterie (o la benzina) erano sempre pronte in garage per essere utilizzate al momento giusto, e ancora se ti rammaricavi che dopo cinque giorni (lavorativi) di bel tempo, proprio nel week-end inizia il maltempo... arriva un momento in cui tutto questo dapprima rallenta, poi si ferma del tutto.

Esiste insomma una inevitabile sospensione del tempo in cui ti accorgi che l’aeromodellismo ti costa troppo in termini di fatica fisica, disagi ecc. Hai alle spalle centinaia di ore di volo; i tuoi modelli portano il segno del tempo e delle ferite “sul campo”. E la tua anima non vibra più come prima all’atto del decollo, o quando firmi in cielo la tua perizia di pilota. Allora decidi di rallentare. Vai al campo senza modello, giusto per fare due chiacchiere con gli amici, e poi - spesso - decidi che la tua casa non è un aeroporto e fai selezione nel tuo parco-macchine.

Vendo causa cessata attività”. È la formula che trovi spesso sugli annunci on line. Ma questa frase nasconde altro. La casa si libera. Qualche familiare si rallegra. Eppure... dopo che per anni hai vissuto l’ambiente da protagonista e non da comparsa, cioè dopo che sei diventato affine alla mutevolezza del vento, alla concentrazione di umidità dell’aria e hai respirato tonnellate di aria di campagna, tutto non può essere più come prima. È un po’ come un alpinista: non ci credo che non guardi alla montagna senza che nella sua testa non scatti immediatamente una "lettura" più professionale, da chi sulla montagna ha lasciato sudore, paura, magari anche qualche falange di mani o piedi. Una "lettura" fatta collegando occhi e anima, occhi e nervi che ancora sentono il richiamo quasi ancestrale della roccia.

Così, anche se magari hai smesso con l’aeromodellismo, succede ad esempio che viaggiando in macchina o in treno ti capiti di vedere degli spazi aperti e dica: “Questo sarebbe un bel posto dove andare a volare”. Oppure che scruti ancora il cielo valutando se la luce "è buona" oppure no, sempre in un’ottica  di pilotaggio.

Pare accertato che chi è mutilato di un arto, per lungo tempo provi una sensazione come se ci fosse ancora. Lo chiamano "arto fantasma". Allo stesso modo, anche chi ha smesso conserva in sé un "aereo fantasma". Lo sente come se fosse ancora lì sull’erba ad attenderlo Perché in fondo, si pilota con la testa, le mani.. e il cuore. E quest’ultimo è il più difficile da spegner
e.

domenica 4 settembre 2022

La coperta di Darkus

Mano a mano che si aggiungono articoli su questo blog, mi rendo conto di quello che di fatto rappresenta: un diario - personale ma allo stesso tempo universale in quanto tutti ci si possono riconoscere - e dunque non una vetrina di successi, semmai un susseguirsi di vittorie e sconfitte, gioie e lacrime, determinazioni e paure. In quanto diario, allora, non temo di mostrare anche il lato più debole (e umano) del mio ego applicato all’aeromodellismo.

Questa breve introduzione ha motivo d’essere nel momento in cui, per vari motivi, mi ritrovo a scegliere di volare con il modello col quale ho più affinità, Darko. Questi motivi possono essere personali (quel giorno voglio che tutto fili il più possibile liscio perché non ho voglia di ulteriori problemi) oppure “tecnici”. Tra questi cito dei crash con altri modelli che mi fanno venire voglia di tornare all’usato sicuro, tanto per citare uno slogan automobilistico.

I rovinosi atterraggi col modello recuperato dal mio amico scomparso, dettati soprattutto dalla confidenza aerodinamica che deve crescere tra di noi (purtroppo) a suon di botte, certamente hanno messo a dura prova non solo la mia pazienza (il pensiero di dire “Ma vaffan... resta in garage” c’è stato più volte) ma hanno anche instillato gocce di veleno nella mia sicurezza. Per contro, però, hanno dato uno scossone alla mia testardaggine da Capricorno: in buona sostanza, sono stato diversi giorni in bilico tra il “vaffa” e il “dai, coraggio, riprova”. Alla fine sta vincendo il secondo. Il modello è stato riparato con fasciature e incollaggi che mi auguro questa volta resistano ai miei atterraggi maldestri. Tuttavia... l’altro giorno avevo bisogno di una flebo di sicurezza. Così ho mollato Boss (questo il nome dato al modello citato, in onore del suo ex proprietario, nonché mio ex presidente) e ho ripreso Darko. Sono andato al campo e ho fatto tre voli perfetti. Non che fossi sereno... non lo sono quasi mai. Tuttavia per darmi una sacrosanta “pacca sulla spalla” e dire a me stesso “vedi che sai pilotare?”, avevo bisogno di una sorta di coperta di Linus o, meglio, una coperta di Darkus.

Con Darko ci siamo già presi a botte anni fa. Anche lui è stato oggetto di crash rovinosi, di mie crisi (per settimane è rimasto fermo perché ne avevo paura), di “vaffa” e di “dai riproviamo”. E sicuramente anche lui è “goloso di colla” tanta ne ho usata per risistemarlo. Però - incrociamo le dita - da tempo non mi dà problemi. Lo conosco. Lui mi conosce e ci rispettiamo. Così lui è ora la mia
coperta di Darkus. Credo che un domani possa diventarlo anche Boss. Ci spero. Anzi, spero che i crash di cui ho pagato lo scotto siano ora finiti. È insomma come se avessi “già pagato pegno”.

Purtroppo, come diceva sempre il mio amico, “i modelli nascono già morti”. Ed io aggiungo: dobbiamo anche avere a che fare con “l’insostenibile leggerezza della gravità”, ovvero quella certezza che la terra chiama a sé il modelli, e può farlo in maniera dolce o rude. Credo pertanto che altre volte prevarrà la caparbietà da Capricorno, e altre ancora ci saranno dei giorni in cui vorrai solo la tua
coperta di Linus, una tazza calda di caffè e un amico-collega col quale sfogarti.