sabato 18 settembre 2021

«IO TI AVRÒ» - Ecco perché abbiamo tanti modelli in casa

Provate a chiedere a chiunque pratichi aeromodellismo (ma lo stesso credo che accada anche a chi è appassionato di barche o macchine radiocomandate) quanti modelli ha in casa. Quasi certamente ognuno dirà che ne ha più di uno, passando da un numero indefinito ma comunque compreso - diciamo - entro i dieci, fino ad arrivare ad oltre il centinaio. E quasi ognuno di loro dirà che il freno ai loro acquisti è dapprima dettato dallo spazio disponibile (“Non so più dove metterli!”), poi da eventuali ostacoli familiari (“Mia moglie mi caccerà di casa se compro un altro modello!”) e solo secondariamente da questioni economiche. Perché sì, i modelli costano: diciamo da circa 200 euro a qualche migliaio.
Curiosamente, poi, capita spesso che molti di questi modelli non vengano nemmeno usati. È il caso di Corrado (nome di fantasia, ndr). In casa dichiara di avere circa 150 modelli tra aerei, barche, macchine e moto radiocomandate. Ma alla domanda: “Ma sei in grado di usarli tutti?” la risposta è “No”. E quando gli chiedo quand’è che è stata l’ultima volta che è venuto a volare al campo, mi risponde: “Mesi fa”, con una media di forse una/due volte l’anno.

È dunque evidente che ci troviamo di fronte ad un fenomeno quantomeno strano. E quando ho commentato questo fatto con un collega di volo, la risposta è stata: “Beh... c’è anche chi ama il collezionismo...”. Tuttavia no, non sono d’accordo. E vediamo perché.

Proprietà del collezionista (riduco il tutto ad un discorso semplicistico) è quella di raccogliere in maniera perlopiù mirata e razionale, la maggior parte di “oggetti” (chiamiamoli genericamente così) legati da una o più caratteristiche che li accomuni. Ad esempio: i dischi dei Beatles usciti in ogni paese del mondo; gli orologi Cartier; ma anche i fumetti di Tex; qualcuno poi colleziona autografi dei vip, ecc.   Il lavoro del collezionista è dunque preciso (cerco quel disco, quel numero di fumetto, quella edizione del libro ecc.) e ha poco a che fare con una sorta di bulimia dell’acquisto. Cioè difficilmente lo vedremo nelle bancarelle comprare chili di libri, seppur legati al suo oggetto di interesse. Semmai lo vedremo nella libreria antiquaria cercare quel libro, di quell’anno, di quell’editore ecc.

Dalla parte opposta troviamo invece quello che definirei un accumulatore seriale, spinto da una bulimia d’acquisto che dunque riempie la casa, godendo del suo nuovo acquisto solo per il breve lasso di tempo necessario alla transazione economica, l’arrivo a casa e l’eventuale stoccaggio dell’oggetto. Il piacere, dunque, è momentaneo e non nasce dall’uso frequente, semmai dal possedere, raggiungendo i picchi all’atto dell’acquisto (o dell’attesa del corriere che lo consegnerà) anche se conditi spesso da sensi di colpa: “Accidenti quanto ho speso! Devo trattenermi se no...”. Ed ecco che scatta la spirale a cui ho accennato prima: non si dice “se no non so come pagare le bollette”, piuttosto “se no mia moglie mi ammazza”, “se no mi sbattono fuori di casa” e così via. C’è dunque una deviazione del senso di colpa, scaricato non su di sé ma sull’altro. È come dire: io riconosco di aver esagerato solo alla luce del possibile rimbrotto altrui. Diversamente, se il soggetto vivesse da solo, probabilmente non proverebbe nemmeno un velato senso di colpa. O quantomeno durerebbe pochissimo, subito "perdonato" da se stesso.

Tra gli opposti estremi del collezionista e dell’accumulatore seriale, c’è poi una vasta schiera di modellisti che hanno un numero di modelli meno eclatante ma che, soprattutto, li usano almeno nel 60/70% dei casi. E alla domanda  legittima di chi è esterno a questo mondo - “Ma non ve ne basta uno, due?” - la risposta può essere semplice: “Quante magliette/scarpe/T-shirt hai nell’armadio? Non te ne basta la metà?”. Sì, perché il modello può essere paragonato ad un abito: ha caratteristiche (non solo estetiche) che lo rendono unico e pertanto ha un ruolo preciso in una ipotetica scala di gradimento di chi lo possiede. Oggi mi va di usare il modello X, domani l’Y, perché... ho voglia di un modello più veloce, ho voglia di vedere una “riproduzione”[1]  solcare il cielo, e così via.

Una cosa interessante da sottolineare è poi il fatto che spesso non c’è correlazione diretta tra disponibilità finanziaria e impulso all’acquisto. Certo, chi ha più soldi potrà spendere a cuore più leggero, ma anche chi non naviga nell’oro certamente troverà il modo di riempire la casa di modelli, seppur in misura ridotta. Magari comprando di seconda mano o a rate.

In conclusione: gli “anziani” dicono spesso che il
modellismo è una malattia. Questa può essere una “meravigliosa malattia” in quanto credo fermamente che offra stimoli e imponga un’educazione di alto livello a chiunque lo pratichi con serietà e costanza (ad esempio aiuta a superare i propri limiti, ci impone umiltà, pazienza, socialità con gli altri soci del campo, stimola la manualità, ci fa vivere ore all’aria aperta ecc.) ma dall’altro può scatenare sindromi talvolta perverse che ci fanno accumulare senza goderne, favorendo un consumismo istantaneo che - come detto - scatena il piacere solo all’atto dell’acquisto. D’altra parte non dicono forse i saggi che il piacere sta proprio nel desiderio?



[1] Si chiamano così quei modelli che riproducono fedelmente aerei (o barche, macchine, elicotteri ecc.) realmente esistenti o esistiti