domenica 17 agosto 2025

Via col vento

Ho sempre sostenuto che – se interpretato con la giusta sensibilità – l’aeromodellismo dinamico è una fonte inesauribile di insegnamenti. Un’ennesima prova l’ho avuta subito dopo Ferragosto. Tra un motivo e l’altro era già tempo che non andavo al campo e soprattutto era almeno tre settimane che non facevo volare Yusha. Per cui fremevo.

Dopo aver consultato almeno tre siti meteo, scelsi la giornata di sabato anziché domenica perché sulla carta il vento era più calmo. Così caricai tutte e quattro le mie batterie e mi recai al campo. Sapevo che alle 14 era previsto più vento ma almeno un paio di siti mi suggerivano che per le 16 sarebbe calato. Così scelsi di andare per le ore 15, una via di mezzo. Subito mi accorsi però che l’aria era molto più insidiosa di quanto avessi immaginato: tesa e per di più trasversale alla pista: cioè peggio di così non poteva essere. Tuttavia quel “miraggio” delle ore 16 mi incuteva una certa fiducia. Così mi misi tranquillamente seduto ad aspettare e a chiacchierare con un altro pilota che anche lui attendeva il momento propizio per decollare.

Arrivano le 16 ed il vento, invece che diminuire, aumenta. “Merda…” inizio ad imprecare tra me e me. Lo spettro di una giornata senza alcun volo si stava profilando, suscitando in me un senso di frustrazione. Così mi attacco al cellulare a consultare ogni possibile oracolo meteorologico. Ma ognuno mi dà risposte che non vorrei mai sentire. Solo uno mi suggerisce che alle 16 il vento passerà miracolosamente da 10 a 1 km all’ora per poi tornare a 10 alle ore 17. Penso subito che ci sia un errore. “Che fa, cala per un’ora e poi torna come prima? Forse quell’1 in realtà è un 11. Si saranno sbagliati”. Tuttavia mi aggrappo a quel barlume di speranza. “Fiducia Stefano, fiducia!” mi ripeto oltre ogni logica.

Alle 16,20 il vento inizia davvero a calare. Si riaccende la speranza. Sono combattuto: provare lo stesso nonostante le condizioni non siano il massimo, oppure lasciar perdere? La voglia di sconfiggere quella crescente frustrazione iniziava a scontrarsi con una vocina dentro che malignamente mi prospettava un rovinoso crash del modello. “Lascia stare… torna a casa col modello intero” mi diceva. “Fanculo…” rispondevo. “Io oggi VOGLIO volare”. Alle 16,45 il miracolo. Di botto il vento cala quasi a zero. In ritardo di 45 minuti sul previsto ma davvero scende probabilmente a 1 km all’ora.

Non perdo tempo. Sistemo la batteria e faccio decollare Yusha. Volo seppur senza fare nulla di straordinario, poi atterro. Tutto ok. Guardo costantemente la manica a vento. È ancora calma. Così non faccio nemmeno una sosta: sistemo una seconda batteria ed in un amen sono già in volo, come se non ci fosse un domani. Atterro un po’ lungo per via della brezza in coda, ma va bene lo stesso. Sono già contento. Due voli insperati!  

Il vento riprende vigore. Mi ha concesso davvero solo 20 minuti di tregua. Eppure, a valutare ogni scodinzolio della manica a vento, non è ancora forte. Uhmmm ho ancora due batterie turgide di energia. Che fare? Lo spettro “dell’ultimo volo”, quello che spesso si trasforma da opportunità ad incidente, mi si profila in mente. Ma decido di fottermene. “Only the brave”, solo i coraggiosi mi ripeto per darmi coraggio. Così innesto la terza batteria e decollo. Il vento cresce in maniera insidiosa. Non voglio sfidare il destino. In fondo sono già contento. Così a metà del tempo a disposizione decido di scendere. Atterro con uno stile non certo spettacolare ma senza danni. È andata! Mi si allarga un sorriso in faccia mentre stampo un bacio sulla naca* di Yusha.

Oggi ho imparato un’altra lezione: aspettare ed avere fiducia talvolta è la scelta più saggia e tale da regalarti nuove emozioni.


* (il muso, ndr)

martedì 5 agosto 2025

Un "lui" di troppo?

Capita anche questo... Sono al campo e mi godo la tranquillità di aver concluso senza problemi i miei voli. Al che indugio volentieri a chiacchierare con un signore che si è fermato a guardarci volare. È un tipo curioso e piacevole. Così il discorso si infittisce proprio sull'aeromodellismo. Lui mi fa una domanda tecnica. Darko (qui nella foto) sta dormicchiando accanto a me. Al che inizio a rispondere. Indico Darko e dico: "No, lui non ha i flap... li ha l'altro modello che ho" e proseguo indicando gli ampi alettoni che lo caratterizzano. Poi indugio a parlare del mio modello continuando a dire "lui ha questo", "lui sì comporta in volo così" ecc.
Solo tornando a casa, mezz'ora dopo, mi rendo conto che mi riferivo a Darko esattamente come se fosse un essere vivente. Come se fosse un animale domestico oppure persino un  figlio. Quel "lui" ripetuto era un lapsus.. avrei potuto usare altre espressioni. Invece... Al che mi sono messo a ridere da solo, dicendo: "Sei proprio da neuro...."