mercoledì 25 settembre 2019

Fantasmi e risposte

Oggi il cielo è un lenzuolo di bambagia, bucherellato di sprazzi di cielo. Un'immagine da cartolina, o da video. Come quella vista tante volte nel simulatore del computer. Solo che la sagoma di Darko che si staglia su questo spettacolo, è meravigliosamente vera. E a volte è quasi difficile riconoscerla sul lenzuolo. Contro il sole. 

Oggi, come tutte le volte, ci sarà un primo volo, e poi un secondo e magari anche un terzo. Ma il primo è sempre il più difficile, anche se magari è solo pochi giorni (e non mesi) che non prendi in mano la radio. Perché inesorabilmente, ogni volta, nei minuti che passano tra l'ultimo tratto di strada fino al campo e i metri che ti separano dal centro della pista di decollo/atterraggio, si ingorgano pensieri di tutti i tipi. Ogni volta mi ripeto "Oggi però mi sento più stanco del solito", "Oggi ho una strana sensazione", "Uhmmm oggi no...", tutti fantasmi legati a eventuali crash che tuttavia (grazie al cielo) sono mesi che non capitano più. Eppure il primo volo ne è sempre gravato. Così, chi magari mi vede accigliato, può pensare a chissà quali preoccupazioni, mentre invece è solo un misto di concentrazione e lieve tensione.

Sono abituato a questi pensieri. Ormai sto imparando (la strada è tuttavia ancora lunga) ad accoglierli senza opposizione, a superarli con l'azione. Così me ne infischio e con piglio deciso guadagno la piccola area d'erba che da tempo ho scelto quale punto migliore per piazzarci il modello pronto al volo. 
Così accelero e il modello rulla deciso sul piano, scosso da qualche zolla un po' più densa. Poi s'alza. E io dico: "Ok è fatta. Ora in qualche modo scenderò. O con un meraviglioso atterraggio pennellato, o...".
Le primissime manovre (la prima virata e l'aggiustamento della quota) sono un banco di prova. Anche se le insidie possono capitare in ogni momento. Tutto fila liscio. La tensione si attenua. Ma, anche se è strano dirlo, sembra quasi che non dipenda da te. Semmai dal modello, che scivola lento in manovre pulite e senza fretta. È lui che sembra quasi dirti: "Non ti preoccupare, vedi come sto veleggiando pulito?".

È il vantaggio di avere un aereo da tanti anni. Seppure ferito, cicatrizzato, incollato e rimesso a nuovo con pennarello grosso e nastro adesivo extraforte, lui diventa curiosamente affidabile, sereno. E dire che all'inizio più volte l'avrei abbandonato perché "troppo difficile". È cresciuto con te. Si è ferito assieme al tuo orgoglio. Ha subito come te caldo e gelo. Siamo amici, compari, colleghi. Per questo è lui che sembra rassicurarti. Virata, loop, tonneau... tutto fila liscio come t'aspetti. Poi scende, rulla, si ferma. E tu ti dai una pacca sulla gamba, come a dire: "Vedi che non dovevi temere?".

Piccole storie private di fantasmi e risposte che, lo so, a bordo campo molti non percepiranno mai. Perché nascono, vivono e muoiono tra testa e dita, sullo sfondo d'un cielo d'autunno che t'allarga il cuore.